La partita relativa al futuro di Atlantia è destinata a finire ai tempi supplementari. Fondamentalmente perché uno dei giocatori, il Governo, ha cambiato le regole del gioco rendendo impossibile la fine della partita, in un’ottica di piena salvaguardia del diritto. L’articolo 35 del Milleproproghe rende più semplice e, soprattutto meno costoso (7 mld invece di 23) la revoca della concessione. Peccato che i decreti attuativi necessari per renderlo effettivo non siano mai stati realizzati. Perché? La spiegazione più accreditata è che il testo della Concessione è blindato e quindi non può essere revocata. D’altronde se fosse stato possibile, lo avrebbero già fatto. Entro il 30 giugno la Concessionaria, quindi Aspi, deve eccepire il peggioramento del quadro normativo e restituire la concessione in cambio di 23 miliardi di euro(cifra stabilita dall’ex ministro Antonio di Pietro quasi come una giuggiola per rendere meno amaro il no alla prima versione della fusione con Abertis voluta dal governo Prodi). Guardiamo i numeri sul tavolo. Atlantia capitalizza circa 11 mld di euro, ha 9 mld di bond e altrettanti ne ha Autostrade per l’Italia. Ha un piano di investimenti da 14,5 mld al 2018, di cui 2,9 mld nel solo 2020. Investimenti che non può finanziare perché il suo credito è stato declassato a Junk dopo l’arrivo del Milleproroghe. Atlantia ha le mani legate. Se il governo non cambia l’articolo 35, deve restituire la concessione. Aspi è già in ipossia di liquidità Come se ne esce? Il governo, in particolare i 5 Stelle, devono cambiare la legge e accettare che i Benetton, che nella loro narrazione sono diventati l’incarnazione del male, rimangano nell’azionariato di Aspi, anche se diluiti. Atlantia cederà quote Aspi accettando probabilmente di scendere sotto il 50% e facendo entrare F2i. Forse Cdp prenderà una quota nella stessa Atlantia. L’aspetto più delicato è quello delle tariffe. Il Governo vuole un taglio a doppia cifra. Aspi vuole che le tariffe siano tali da rendere sostenibili gli investimenti. Delle due una: o si allunga la concessione nel tempo, allungando anche le tempistiche degli investimenti, o si tagliano le tariffe meno del 10% chiesto dall’Esecutivo. Oggi, paradossalmente, sembra più plausibile la prima ipotesi. Una soluzione che ha una logica finanziaria ma che rischia di diventare una doppia beffa per i paladini della revoca della concessione senza se e senza ma. Perché Atlantia, e i Benetton di conseguenza, non solo non verrebbero cacciati ma rimarrebbero concessionari ancor più a lungo, seppur con una presa molto meno forte rispetto al passato. Ma, dicevamo all’inizio, la partita finirà ai supplementari, vista la difficoltà del Governo di trovare una quadra politica. Quindi, dopo il 30 giugno, partirà la battaglia legale. La speranza è che si consumino solo i preliminari di quella che altrimenti sarebbe una battaglia lunghissima. Una sorta di lunga esplosione di mortaretti che annuncino la fine delle ostilità e la nascita di un nuovo ordine autostradale. E tutto questo, ovviamente, in attesa dell’esito del processo relativo alla tragedia del Morandi che delineerà le responsabilità civili, penali e amministrative e, auspicabilmente, darà giustizia alle famiglie delle 43 vittime.
Gabriele La Monica, giornalista Mf-Dow Jones
Email: gabriele.lamonica@mfdowjones.it
Quarantanove anni, Laureato in Giurisprudenza. Giornalista dal 1994. Dal 2005 è il responsabile della sede di Milano dell’agenzia Mf-Dowjones. Fan compulsivo dei Rolling Stones, che segue ovunque nel mondo ogni volta che questo è possibile. Juventino oltre ogni limite.