La mobilità elettrica si fa strada anche in Europa, nonostante la tenace opposizione di quella parte dell’industria che ha un largo capitale investito nelle tecnologie automobilistiche correnti, e che finora ha cercato di ignorare questo sviluppo, sperando un giorno di svegliarsi da un brutto sogno.
La verità è che questa trasformazione è inevitabile, desiderabile e comunque destinata ad accadere con un andamento accelerato. Finché le auto elettriche non garantivano autonomia e ricariche rapide, non potevano diffondersi. Oggi è già possibile avere autonomie che sfiorano i 500 km e ricariche in 10 minuti, e il progresso continua. Giunti a questo risultato, chiunque provi un’auto elettrica non torna indietro. Prestazioni elevatissime, assenza di rumore e inquinamento, un pieno di energia con pochi euro, manutenzione quasi nulla. Non c’è confronto. Basta pensare a cosa diventeranno le città, senza fumi e senza rumore. Un pensiero negativo è che però in ogni caso l’energia elettrica necessaria a questa transizione va generata in qualche modo, magari bruciando combustibili fossili altrove, e che quindi non si guadagnerebbe nulla in termini ambientali.
Il futuro sarà diverso, e va pensato diversamente. Il vero problema dei prossimi anni non sono le auto elettriche ma come decarbonizzare completamente l’economia smettendo di emettere CO2. Per fare questo, dando per scontato che la società non vuole l’energia nucleare, c’è solo una soluzione: aumentare drasticamente l’uso di energie rinnovabili, prevalentemente sole e vento. Questo non è impossibile, la quantità di energia in arrivo sul pianeta è abbondante. Il problema è che tutte le rinnovabili sono intermittenti, e per utilizzarle in modo affidabile occorre una elevatissima capacità di accumulo di energia. Si potrebbe fare, ma ci vorrebbe un grandissimo investimento in batterie. Nessun Paese oggi avrebbe il coraggio di investire l’equivalente di una finanziaria per costruire grandi capacità di accumulo (tranne la Cina che lo sta facendo). Pensiamo invece ad un futuro in cui una parte significativa, per esempio il 20%, del parco auto nazionale, è elettrico. Ogni auto ha una batteria di grande capacità, e statisticamente il 90% del tempo le auto sono parcheggiate. Se queste fossero connesse alla rete mentre inutilizzate, ecco che la rete disporrebbe di tutto l’accumulo necessario a operare esclusivamente da fonti rinnovabili. Certo occorre investire in infrastruttura, ma non è impossibile (nelle città del Nord Europa già oggi ad ogni parcheggio su strada corrisponde un allacciamento elettrico). Non si tratta di fantasie, ma della nuova strategia energetica già delineata dall’Europa e in pieno sviluppo. In sintesi, la mobilità elettrica renderà possibile l’utilizzo di energia rinnovabile, oggi non accumulata e quindi non raccolta. Energia sprecata. L’auto elettrica non rappresenta un problema, ma la soluzione ad un problema ben più grande. Questo è il motivo per cui Paesi che pianificano il futuro investono moltissimo nello sviluppo di batterie e costruiscono gigafactories, mentre Paesi meno illuminati sperano che nulla accada e traccheggiano tra gas naturale (che inquina), idrogeno (che non c’è) e attendono, in una perenne competizione ad arrivare ultimi. Magari dichiarando che quando le nuove tecnologie saranno mature, le adotteranno (troppo tardi), salvo chiedersi il motivo di uno sviluppo lento e di una povertà diffusa.
Genovese, ingegnere nucleare, prima ricercatore all’Università della California, Berkeley, poi presso Texas Instruments, e Philips. Fonda Phase Motion Control Spa, Società ad indirizzo R&D e tecnologico, che si specializza in elettronica di potenza e servomotori speciali ad alte prestazioni, per robotica, automazione e applicazioni di ricerca in astronomia e aerospaziale, mobilità elettrica navale, terrestre e aeronautica. Recentemente l’attività è stata estesa alle batterie al litio ad alta densità di energia e loro integrazione. Detiene numerosi brevetti ed è Life Senior Member di IEEE, socio di IAS, PES, UAI.