A tutti noi è probabilmente capitato in questi mesi di passare davanti ad un locale, un ristorante, una palestra, desolatamente chiusi a causa del COVID-19 e pensare “povero gestore, come farà a pagare l’affitto essendo chiuso da così tanto tempo ?”.
Invero, e come purtroppo immaginabile, questo triste fenomeno ha una portata più ampia. Il gestore del ristorante, ad esempio, non solo avrà problemi a pagare l’affitto del locale o dell’azienda, ma incontrerà difficoltà anche a pagare i dipendenti, le banche a cui potrebbe aver chiesto denaro in prestito, i suoi fornitori, e così via.
A loro volta, tali soggetti, che confidavano nel ricevere tali pagamenti, incontreranno problemi a pagare i loro creditori / fornitori in un dirompente e deleterio effetto domino su scala nazionale e mondiale.
Occorre allora chiedersi: che risposte dà il diritto in queste situazioni? Il pagamento e, in generale, l’adempimento del debitore possono essere sospesi, interrotti o ridotti ? O il debitore è comunque tenuto ad adempiere interamente e tempestivamente il dovuto?
Una delle prime e fondamentali nozioni di diritto privato che si studia all’università è che l’impotenza finanziaria di regola non giustifica l’inadempimento. Se assumo l’obbligo di corrispondere 1.000 euro ad un mio fornitore, non posso poi pretendere di ritardare o omettere il pagamento dicendogli che il flusso di cassa su cui facevo affidamento non mi è pervenuto anche se per cause a me non imputabili. In questo caso, il debitore è inadempiente al contratto e il creditore può invocare i rimedi che la legge prevede quali, ad esempio, l’adempimento coattivo o, a certe condizioni, la risoluzione del contratto e i danni sofferti per l’altrui inadempimento.
Ma di fronte a scenari così devastanti, imprevedibili e impattanti quali il COVID-19, le operazioni economiche non dovrebbero in qualche modo adeguarsi alla situazione?
In linea di massima, la risposta è sì. A causa del COVID-19, le condizioni e le circostanze presenti al momento della stipula del contratto sono stravolte al punto tale che la pretesa del creditore di ricevere ugualmente l’adempimento integrale e tempestivo è contraria a buona fede. Al momento della stipula del contratto, chi mai avrebbe potuto prevedere un fenomeno così stravolgente?
Ma allora, e questa è forse la domanda più frequente che ha ricevuto e riceve l’operatore del diritto in questi mesi: quanto io debitore devo pagare? O quanto io creditore posso chiedere?
Non è semplice riuscire a rispondere a tali domande in maniera esaustiva e in termini generali anche perché ogni contratto ha una storia a sé.
In ogni caso, si può ragionevolmente ritenere che la pretesa del creditore di ricevere in ogni caso il pagamento integrale pare iniqua. È più difficile esprimersi, invece, su quanto possa essere ridotto il pagamento.
Con ogni probabilità, tali quesiti entreranno in modo dirompente nelle aule di giustizia in un futuro prossimo. Ad oggi, qualcosa è già approdato in tribunale e ha principalmente ad oggetto l’eventuale riduzione/sospensione del canone di locazione di immobili commerciali. Ragionevolmente il contenzioso si estenderà anche ad altri tipi di contratto.
Come sempre, l’ultima parola spetterà ai Giudici, tuttavia, con tutti i caveat del caso, si può ipotizzare che:
- il creditore non può sempre e comunque pretendere il 100 %;
- parimenti il debitore non può sempre e comunque pretendere di pagare lo 0%;
- “spaccare la mela in due” e ridurre le prestazioni al 50% potrebbe avere un senso;
- non vanno tuttavia premiati comportamenti opportunistici e strumentali di chi vuol approfittare della situazione per ottenere sconti e vantaggi
- nemmeno possono essere giustificati inadempimenti e comportamenti non corretti adottati prima o a prescindere del COVID-19;
- nemmeno possono essere giustificate richieste di rinegoziazione e revisione degli obblighi per contratti sorti in costanza di COVID-19. Se le parti si sono tra loro obbligate quando avevano conoscenza del problema e non hanno ritenuto di prevedere meccanismi di adeguamento del contratto per fronteggiare la situazione, non possono poi strumentalmente invocare gli effetti della pandemia;
- se la situazione pandemica si trascina per una durata tale da rendere non più di interesse il contratto, le parti dovrebbero in buona fede provare a rinegoziare i termini dell’accordo e, in mancanza di possibilità di rideterminazione dell’accordo, prendere atto che il loro rapporto non ha possibilità di proseguire.
Come visto, non è facile dare una risposta in termini generali a tali quesiti. Solo un atteggiamento di entrambe le parti effettivamente improntato a buona fede e correttezza è forse idoneo a ricondurre ad equilibrio il rapporto contrattuale stravolto da COVID-19 e ad aiutare le parti e, in generale, il sistema economico ad uscire il più rapidamente possibile dalle secche in cui si è finiti.
Avvocato iscritto presso l’Ordine degli Avvocati di Genova. Dottore di Ricerca in Diritto Civile presso l’Università degli Studi di Pisa. È stato visiting fellowship presso il British Institute of International and Comparative Law di Londra. È autore di diverse pubblicazioni in Riviste specializzate. Dopo aver lavorato in un primario studio legale di Genova per 15 anni, nel 2019 ha fondato lo Studio Legale Capurro. Opera nel settore del diritto civile e commerciale. Presta attività di consulenza e patrocinio in favore di società, compagnie di assicurazioni, enti pubblici e privati e persone fisiche.