Cosa ci riserva concretamente il futuro nel settore agroalimentare dalla produzione, alla distribuzione, al consumo?
A leggere i giornali, gli interventi sui social, ascoltando la TV o parlando con le persone, come accade per altri settori, sembra esistano di fatto due “partiti”. Il primo pensa che “pian piano si ritornerà come prima” (al peggio fin quando non si completerà la campagna vaccinale), il secondo ritiene che “più nulla sarà come prima”. In ambedue le posizioni ci sono poi i pessimisti (“molte imprese, siano esse produttive o dell’accoglienza, distributive o della ristorazione, chiuderanno prima di ogni futuro possibile”) e gli ottimisti (“il vaccino rimetterà tutto a posto o, male che vada, saremo costretti a realizzare cambiamenti che saranno positivi, dalle attività in campo, al consumo, al turismo sostenibile”).
Nel pandemonio della comunicazione degli ultimi due mesi su questi argomenti, l’olio extravergine di oliva viene spesso citato non solo per le conseguenze commerciali legate alla distribuzione in tempi di Corona virus, ma soprattutto per i suoi appurati contenuti salutistici. In una media di 120 articoli e messaggi giornalieri che lo riguardano (dalle ricette di cucina alle informazioni di mercato) se ne parla in più del 48% dei casi (era il 42% fino a gennaio) (dati Monitoring Emotion).
Gli aspetti salutistici, la qualità e la sicurezza rappresentano il messaggio necessario ai produttori di olio per costruire relazioni incisive e più “comunione” con il consumatore che, pressato dalle preoccupazioni e dai disagi indotti dalla pandemia, sta mutando il proprio comportamento d’acquisto. Rafforzare la nostra cultura dell’olio e lavorare sulla comunicazione delle nostre eccellenze sono fattori chiave anche in ottica export.
Nel 2019, il mercato italiano dell’extra vergine aveva raggiunto i 155 milioni di dollari con un aumento del 22% rispetto all’anno precedente (fonte Ismea, pubblicato su Italian Food Net n.3 2020), l’export ammontava a 62 milioni (+11% rispetto al 2018) con in testa Puglia e Toscana che da sole valevano 25 milioni. Sono dati incoraggianti che, insieme alle ottime performance produttive di olive, hanno alimentato la speranza di un ulteriore incremento dell’export italiano nel 2020, che si è tuttavia scontrato con un fattore imprevisto: il Covid-19.
Il virus ha messo in crisi interi settori distributivi e ha influito sul comportamento dei grandi player internazionali come la Spagna, che al momento, dispone ancora di scorte eccessive di olio da smaltire, tanto quanto l’Italia.
In questo scenario la forza dell’Italia sta nella sua straordinarietà e nella qualità, fattori che le hanno consentito di raggiungere sempre ottimi risultati e che rappresentano il vantaggio competitivo del nostro paese per il futuro prossimo: l’olio italiano vanta 500 varietà e in particolare ha la più vasta presenza di olii DOP (42) e IGP (5). Hanno un altissimo livello di qualità, sono la risposta all’attesa di sicurezza alimentare del consumatore consapevole e la loro fama si sta espandendo. La qualità, la storia e la narrazione, la cultura e l’esperienza professionale trascinano verso l’alto l’immagine non solo dei marchi territoriali ma di tutta la produzione e l’export di olio EVO made in Italy.
Per rispondere a questa crisi, credo sarà fondamentale per le nostre aziende dimostrarsi flessibili. Comprendere e adeguarsi ai bisogni e alle rinnovate esigenze dei consumatori sarà l’unica possibile strada percorribile.
La pandemia globale ha spazzato via, almeno temporaneamente, abitudini e schemi consolidati, che hanno dimostrato la loro fragilità nel momento stesso in cui sono stati messi in discussione. Il nostro comparto si trova oggi di fronte ad una grande sfida: ripensare la logica di tutta la supply chain. Mai come oggi si sta dimostrando necessario ricorrere in maniera reale e concreta al concetto di rete: fare rete con i propri fornitori ed essere anello virtuoso di una shared economy consapevole e trasparente.
L’olio extra vergine si giocherà una grande opportunità; nella dimensione stay home che ha contraddistinto questi ultimi mesi e che sicuramente ci accompagnerà per il futuro prossimo, l’italian cooking è una leva fondamentale su cui le nostre aziende potranno costruire la propria comunicazione con il cliente.
Covid-19 ha accelerato il processo di comunicazione diretta tra il produttore e i consumatori; credo sarà fondamentale applicare una strategia digitale mirata verso il consumatore finale, qualsiasi esso sia.
Concetti semplici ed efficaci e soprattutto un continuo ascolto del nostro interlocutore.
Laureata in filosofia a Genova, con DEA (Diplome d’Études Approfondies) alla Sorbona di Parigi, dopo avere lavorato per Prada nella capitale francese, rientra a Genova nel 2008 per dedicarsi all’azienda di famiglia, di cui ora è amministratore delegato, occupandosi principalmente dei mercati internazionali e lavorando per ampliare la rete commerciale internazionale. A partire dal 2018 è Amministratore Delegato, con delega alla finanza, di Raineri Spa, un’altra storica realtà ligure di produzione e commercializzazione di olio di oliva.
E’ vice Presidente nazionale del Gruppo Giovani CNA dal 2017 e membro del Consiglio Direttivo della Sezione Alimentare di Confindustria Genova. Nel 2018 è stata nominata Ambasciatrice della città di Genova. A dicembre 2019 entra far parte del comitato territoriale Liguria di Crédit Agricole Italia.