Il Costo della Transizione energetica (1 di 2)
Kim Dupont, I drink Barolo sitting on the bench watching TV. Courtesy: MADE4ART,Milano

Abbiamo tutti ancora negli occhi le accuse (in parte fondate) di Greta Thunberg sulla scarsa attenzione all’ambiente e la provocazione del blablabla che ha rivolto ai “potenti” del Pianeta, durante l’ultimo Yoyth4Climate di Milano. Tema spinosissimo da affrontare, ne sono conscio, ma chi si occupa di economia dovrebbe (a mio avviso) cercare di spiegare che qualunque obiettivo si può raggiungere, ma sempre pagando un determinato prezzo e i cosiddetti “win win” sono situazioni ideali, quanto spesso distanti dalla realtà.

Andiamo on ordine: il mondo industriale sta cercando di coniugare sviluppo economico e transizione ecologica, ma una crisi di approvvigionamento energetico è esplosa a livello internazionale. L’epicentro di questo terremoto è ancora una volta la Cina, che ha un problema di sviluppo economico (e quindi un fabbisogno energetico) superiore alle altre potenze industriali, ma ha preso seriamente le direttive di riduzione dei gas serra. (Ad oggi i 2/3 del fabbisogno energetico in Cina è soddisfatto dal carbone).

Conseguenze? Acciaierie, fonderie di alluminio, cementifici e impianti metallurgici, in quanto energivori, sono stati tra i primi a rallentare o sospendere la loro produzione. Insomma: le industrie si fermano, le città spengono le luci, black-out estesi e prolungati colpiscono le famiglie cinesi.

Ma le conseguenze del rallentamento cinese si sentono già e si sentiranno presto ancora di più anche in Europa e in Usa.

Come? Dovendo limitare il consumo dei combustili fossili più impattanti in termini ambientali, ma in un contesto produttivo post pandemico estremamente sostenuto, crescono i prezzi per tutte le altre fonti energetiche, che si trasferiscono direttamente sul costo della produzione.

Il petrolio Brent ha superato 80 dollari al barile, il gas ha toccato un nuovo record storico, la Cina dovendo rifornirsi di gas liquefatto (gnl) lo prende dalla Russia, sottraendolo dunque all’Europa, che da mesi riceve forniture ridotte, provocando così un aggravio in termini di prezzo.

Non ci sono le rinnovabili? Certo, ma la loro produzione è ancora troppo ad intermittenza (eolico), ma in generale c’è ancora un problema di conservazione.

Procurarsi dunque il combustibile è diventato difficile per tutti e così cresce anche il prezzo del carbone (già.. il nemico giurato di Greta), oltre ai prezzi dei metalli, dell’acciaio e di tutte le altre materie prime in generale.

Con il paradosso che la Ue ha anche appena aumentato i costi per la produzione di CO2: tutti costi che si scaricheranno inevitabilmente a valle, in una spirale inflattiva molto pericolosa.

Ovviamente non c’è nessuna presunzione, (da parte mia), di voler suggerire strade alternative da percorrere, ma solo la necessità di ricordare che presto arriverà l’inverno e dunque la necessità di riscaldare abitazioni e luoghi di lavoro.

Speriamo che sia un inverno climaticamente mite, perché i primi freddi comporteranno inevitabilmente (e scongiurando scenari di razionamento del consumo energetico) bollette decisamente bollenti che ci toglieranno il respiro. Anche quello per un semplice blablabla.

(Continua la prossima settimana..).

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