Fitch (ri)portaci in Europa
Josine Dupont, Colore spazio, 2014. Cortesia dell'autore

Che fosse un anno particolarmente favorevole per lo stellone italico lo avevamo già capito nella magica notte di Wembley del luglio scorso e poi ancora di più, nelle tante notti di gloria dell’olimpiade giapponese. Se a questi successi aggiungiamo quelli ottenuti nella musica e nelle altre competizioni internazionali, il quadro che emerge nel corso dell’anno, è di assoluto primato storico.  Vittorie tanto prestigiose, quanto inattese (almeno alla vigilia) e per questo ancora più gratificanti. Ma che arrivasse persino la promozione da parte della agenzia di rating Fitch (per intenderci è la stessa che ci aveva bocciato in piena emergenza sanitaria nel 2020, mostrando un discutibile approccio di analisi finanziaria) vale quanto le paratone di Donnarumma o lo scatto di Jacobs. Più precisamente si è tornati a un livello di rating BBB (due gradini sopra l’abisso chiamato in finanza romanticamente “junk”, ovvero “spazzatura”) e questo ha una serie di implicazioni notevoli e tutte bellissime.

La prima, forse più ovvia, è che lo stato italiano risparmia un sacco di soldi e di conseguenza non li chiede a noi sotto forma di tasse: migliorando il merito creditizio, il titolo di stato diventa più affidabile e non si è costretti a collocare nuovi titoli a rendimenti alti altrimenti nessuno li compra.

La seconda è che oggi più che mai, conta il futuro e non il presente: il debito si è issato al 154% del valore del PIL (mai stato così alto), ma questo non spaventa il mercato, che anzi crede in una crescita del PIL italico del 6,3% nel 2021 e del 4,7% nel 2022 (a fronte di un -9% registrato nel 2020). Il mercato ci dà dunque fiducia. Abbiamo dimostrato (finora) di essere i migliori nella gestione della campagna vaccinale nel continente e ora si aspetta un livello di eccellenza anche nei livelli di crescita economica.

Infine c’è un probabile “endorsement” sull’attuale rappresentatività politica del Belpaese (“e questa è la vera novità”, cit.) e una assoluta fiducia che le prime riforme annunciate, siano solo l’inizio di una stagione ritenuta cruciale per il futuro di questo Paese.

Il gap da colmare con gli altri Paesi guida (Germania, Francia, e Regno Unito per stare nel continente) è ancora ampio, almeno a livello di rating, sono tutte con livelli di doppia se non tripla A. Ma questo non può certo spaventare un Paese che deve correre, ma che quando lo fa, lo sa fare meglio degli altri. Almeno così è stato nelle ultime Olimpiadi e (si spera) anche alle prossime rilevazioni statistiche sul PIL.

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