Le guerre sono facili da cominciare, ma difficilissime da finire. Qualunque esse siano. Al di là dell’esito dei combattimenti sul martoriato suolo ucraino, una guerra economica altrettanto imprevedibile è appena cominciata e dalle conseguenze, da qualunque parte le si guardi, altrettanto spaventose e imprevedibili. La scorsa settimana, in questa rubrica, si scriveva di come il fronte occidentale fosse stato preso alla sprovvista dall’incursione militare russa, ma la reazione finanziaria è stata tuttavia vigorosa, con (citerò le sanzioni principali) nell’ordine: a) l’esclusione dal circuito Swift di alcuni istituti di credito, (salvati solo quelli che garantiscono i pagamenti del gas verso l’Europa), b) il congelamento di beni e proprietà di alcuni oligarchi e delle riserve in valuta estera dello Stato (600 miliardi di dollari), c) un massiccio ridimensionamento del traffico commerciale da e verso la Russia. Le conseguenze sono avvenute con effetto valanga: le agenzie di rating hanno declassato a “titoli spazzatura” i titoli di stato russi. Mosca si è trovata di colpo senza risorse. In questa ipossia finanziaria, il rublo è in picchiata (in una settimana ha perso circa il 40% nei confronti del dollaro), la borsa moscovita chiusa per tutta la settimana per impossibilità di fare prezzo, le capitalizzazioni delle società russe quotate all’estero completamente evaporate, la prima banca russa internazionale (Sberbank) in default tecnico. Anche la disperata mossa di sostenere il rublo da parte della Banca di Russia, alzando i tassi di interesse al 20% è fallita (ha fatto il giro del mondo la foto dello sguardo pietrificato della governatrice Nabiullina, di fronte a un imperturbabile Putin). Il bollettino è di una devastante guerra economica. Le lunghe code ai bancomat dei cittadini russi testimoniano lo shock del popolo e indeboliscono il fronte interno. Per far fronte alla penuria di liquidità, un nuovo decreto ha imposto agli esportatori russi di convertire in rubli l’80% delle loro entrate. Non proprio un affare considerando la debolezza dello stesso. E il fondo probabilmente non è stato ancora toccato: se vogliamo seguire le indicazioni che provengono dai CDS (credit default swap) il mercato prezza il rischio di bancarotta della Russia al 67%.
Al di là della retorica della propaganda di guerra, le sanzioni finora comminate vogliono (o vorrebbero) scatenare la paura nel popolo russo e nelle maggiori aziende dl Paese, e spingerli alla ribellione dinnanzi a un rischio di una crisi ben più grave di quella del 1998 ( la Russia non ha una fedina immacolata in tal senso).
Ma le sanzioni, si sa, in un mondo così globalizzato, diventano un’arma di distruzione che danneggia anche chi le ha varate.
Perché gli effetti economici di queste prime sanzioni finanziare cominciano a danneggiare anche lo stesso mondo occidentale, che ad esempio ha circa l’equivalente di 30 miliardi di dollari di investimento in titoli di stato russo in valuta e di cui, per le prime cedole in scadenza, è stato escluso dal rimborso. Ma di questi effetti e di tutti gli altri, (che colpiranno soprattutto i settori del gas, dell’energia e dei cereali), ne parleremo meglio la prossima settimana.
Come Putin era convinto di una guerra (militare) lampo, così anche le forze occidentali stanno sperando in una guerra (finanziaria) lampo, per costringere l’uomo a trattare da una posizione di debolezza. Solo la storia ci dirà chi avrà avuto ragione. Per ora, mi limito a segnalare una freddura piuttosto cinica, che gira in questi giorni, che probabilmente racchiude però un fondo di verità: “più che gli sforzi dei diplomatici, potranno i capricci delle mogli degli oligarchi.” Che banalmente significa: chi ha conosciuto di colpo la ricchezza, non saprà più rinunciarci.
In effetti, le paludi della Siberia non hanno lo stesso fascino del mare della Sardegna e fare shopping a Groznyj non offre la stessa magia dei Champ Elysee. Chissà che prevalga allora il desiderio di continuare a godersi la “bella vita” da parte dei suoi “fedelissimi” oligarchi nei posti più esclusivi del pianeta e soprattutto…in santa PACE!