Difficile non farsi delle domande, guardando l’anomalo (per usare un eufemismo) andamento dei prezzi del gas nel nostro continente, da quando il conflitto ucraino è scoppiato. Per carità, ci saranno ragioni ben più profonde a giustificarlo, rimane tuttavia il sospetto che ci siano posizioni troppo distanti tra gli stessi Paesi che hanno appoggiato le sanzioni economiche nei confronti della Russia. Per dirla con altri termini, l’inverno freddo che ci aspetta e la probabile recessione economica che ci colpirà, saranno molto meno fastidiosi in alcuni Paesi europei e molto più drammatici in altri. Da dove si comincia? Da un aspetto tecnico: il prezzo del gas è regolato, per usare termini finanziari, da contratti “future”. Se penso che il prezzo salirà comprerò il future, se penso che scenderà lo vendo ora. La grossa differenza rispetto ad altri beni trattati su altri mercati regolamentati è che non devo materialmente possedere il gas: alla scadenza del future, sarò tenuto a incassare o pagare la differenza che per quella data il prezzo gas avrà toccato, rispetto ad oggi. Già da qui si capisce che il mercato non è solo popolato da chi ha poi bisogno di utilizzare la risorsa energetica, ma è affollato da speculatori che giocano solo su questo differenziale di prezzo. In un contesto internazionale completamente impazzito, come quello odierno, il famigerato e sottile (limitato per numero contratti) mercato Ttf di Amsterdam è diventato il luogo ideale per creare inenarrabili speculazioni. Pochi operatori possono creare un disagio a milioni di famiglie europee, che vedono le loro bollette crescere senza logica. “È il mercato bellezza” (cit.), ma qualcosa non torna. Guardiamo la sola Europa: 3 Paesi (Norvegia che è paese NATO), Olanda e Ungheria (membri della UE) stanno pesantemente beneficiando della speculazione in atto. L’Ungheria ha giacimenti di gas, ma non ha aumentato la sua produzione, la Norvegia (altro grande produttore) condivide il piano militare contro la Russia, ma non intende essere solidale con gli altri europei sul gas, anzi, ultimamente ha pure rallentato i flussi verso l’Europa. L’Olanda, per ovvi motivi è quella meno interessata a soluzioni per calmierare il prezzo del gas (price cap). A pensar male si fa peccato, però la tanto ostentata solidarietà comunitaria sta naufragando negli egoismi dei singoli e la spaccatura tra chi diventerà molto più povero e chi molto più ricco è sempre più netta. C’è infine un altro aspetto decisamente beffardo che testimonia la nostra debolezza politica a livello comunitario: abbiamo creduto ciecamente al dogmatismo ecologico promosso da ragazzette che avevano già compreso tutte le regole del mondo, nonostante la giovane età. Abbiamo dunque sperato che la transizione alle rinnovabili fosse immediato e totale. Così in Italia, (ma anche in Germania) abbiamo smesso di estrarre gas, abbiamo ripudiato il nucleare e soprattutto le energie fossili, che ora per paradosso, dobbiamo comprare a prezzi folli, alimentando proprio la speculazione di cui siamo succubi, arricchendo per contrappasso, soprattutto quei Paesi che non si sono mai posti il problema ambientale, ma che ora ci costringono a firmare contratti di fornitura di lungo periodo. Per esser più chiaro: compriamo il gas che avremmo nei nostri mari e nel sottosuolo, ma a prezzi folli. C’è stata molta sfortuna, è vero, ma di certo ricordiamocelo quando qualche nuovo fanatico, riproporrà soluzioni a costo zero per il nostro benessere collettivo. Purtroppo, tutto ha sempre un prezzo: ci accontenteremmo, per quando sarà, che non sia quello del gas dei nostri giorni.