Emanuele Dotto – Un vaccino per il mondo dello sport
Giornalista RAI

Il mondo dello sport non è stato ucciso dalla pandemia del corona virus ma è stato  travolto, stravolto e tramortito. Rinviati di un anno i giochi olimpici, annullati i campionati europei di atletica, bloccato il tennis, stop a basket, volley e rugby, ferme le moto e in garage le vetture di Formula uno. Nel mondo dello sport, l’incertezza regna sovrana.

Il tennis ha pensato di fermare tutto in attesa di tempi migliori: stop al Roland Garros e a Wimbledon, azzerati tutti i tornei Masters 1000, in attesa di riparametrare giochi, partite e incontri. La partita dell’anno è stata il palleggio tra due terrazzi a Finale Ligure, tra due ragazzine del locale tennis club: qualche scambio che ha fatto rapidamente il giro del mondo.

Assordante, di contro, il silenzio dei motori di auto e moto. Calendari modificati, cancellati e riprogrammati per l’amarezza e la delusione degli appassionati, ma davvero, non sembrano esserci alternative.

Il coronavirus ha silenziato ruote e pistoni, volanti e pneumatici. come dicevano i latini, mala tempora currunt

Dal calcio e dal ciclismo risposte diverse.

Il primo ha confermato di attraversare un momento di declino, anche e soprattutto etico.

Unico obiettivo, continuare a mungere soldi, senza uno straccio di idee e ideali.  La parrocchietta del calcio, (Fifa, UEFA, Federcalcio e Lega), ha fatto l’ennesima brutta figura, avendo come unica finalità quella di far soldi in un festival di azzeccagarbugli, lanzichenecchi e pirati.

Il calcio esige e pretende, ma è incapace di fare.

Il ciclismo, invece, pur sconvolto dal coronavirus, tenta di pianificare quel che resta di questa disgraziata stagione.

Il pallone vuol tornare a giocare il più in fretta possibile, senza difese e protezioni di sorta, il pedale prova a rilanciare, rinviando le corse e proponendo il Tour de France in settembre.

Appare, se vogliamo, un improbabile tentativo di esorcizzare la paura sempre più concreta di dover chiudere qui. Ma è legittimo provarci, anche se disputare il Giro d‘Italia in ottobre, con i passi alpini già innevati, è un azzardo.  Anche perché il ciclismo presenta la complessità maggiore: correre a porte chiuse non si può e strade invase e masse in movimento sono l’essenza stessa della bicicletta. E allora stop.

Senza il campionato di calcio e senza la «Milano-Sanremo» si può stare.

E non è la morte di nessuno…


Emanuele Dotto, Giornalista
Email: emanueledotto@fastwebnet.it

Laureato con lode e abbraccio accademico in Storia medievale, muove i primi passi nel giornalismo negli anni ’70 per il “Corriere Mercantile”, passando poi a “Il Giornale”. Il suo esordio in Rai risale al 1980, con una radiocronaca di una partita di basket. Nel 1982 il suo esordio nella storica trasmissione “Tutto il calcio minuto per minuto”. Oltre che di calcio si è occupato anche di Formula 1, tennis, ciclismo. Ha raccontato otto edizioni delle Olimpiadi estive e tre edizioni delle Olimpiadi Invernali, nonché otto Mondiali di calcio e svariate edizioni di Giro d’Italia, Tour de France, Mondiali e Classiche di ciclismo. Il 4 maggio 2014, passa alla storia radiofonica con la espressione “Clamoroso al Cibali!”, in qualità di inviato in suddetto stadio e per annunciare uno dei goal dell’anticipo della partita Catania-Roma, che consegnava matematicamente lo scudetto alla Juventus. È stato anche ospite in varie trasmissioni sportive televisive. Ha condotto per due stagioni gli speciali mattutini dedicati al Giro d’Italia e a partire dalla stagione 2016-2017 è nella trasmissione “Quelli che il calcio”. Tifoso dell’Alessandria, (motivo di continui sfottò con il sottoscritto) che vedeva da ragazzo giocare in Serie A. Il 2 giugno 2019, al termine della radiocronaca dell’ultima tappa del Giro d’Italia, ha annunciato la conclusione delle sue radiocronache in Rai.

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