Il settore primario sta ritrovando la sua importanza economica, sociale e ambientale per una serie di fattori che ne determinano la centralità nel contesto in cui viviamo. Con significativa evidenza e una certa preoccupazione, assistiamo ad un incremento costante della popolazione mondiale, negli ultimi 70 anni si è passati da 2.5 mld (1950) di persone agli attuali 7.8 mld, per arrivare, (almeno così si prevede) al 2045 con 9 mld e dato questo scenario, la domanda crescente di derrate agricole sarà una necessita a cui solo l’agricoltura potrà far fronte.
In questi anni l’innovazione tecnologia nelle macchine e attrezzi, la produttività per ettaro coltivato e la ricerca di nuove varietà di piante, cereali e leguminose hanno compensato l’impossibilità di mettere a seminativo terre ulteriori, con una urbanizzazione che continua (e continuerà) a sottrarre terre arabili. (Produttività 1960-2010 +200%, superficie complessivamente coltivata 1.5 mld di ha, stabile negli ultimi anni; rapporto Fao).
Senza entrare nel tema della distribuzione delle risorse (e relativi consumi) oggi bisogna pensare ad una agricoltura che sia equa (per chi ci lavora) e al tempo stesso che sia “sostenibile”. La sostenibilità, a mio avviso, in tutti i comparti produttivi dovrebbe essere sociale, economica e ambientale. L’agricoltore opera su un territorio ampio, spesso non si nota, ma svolge un ruolo di importanza primaria nella società: ci fa trovare sulla nostra tavola il cibo per il nostro sostentamento (funzione economica), utilizza il capitale umano di un dato territorio (funzione sociale) e si occupa della regimazione dei corsi d’acqua e del delicato equilibrio con l’ecosistema. (funzione ambientale).
Per molti anni si è pensato ad una agricoltura che fosse inquinante, destinataria di sussidi pubblici: le cose stanno decisamente cambiando. L’agricoltura moderna è polifunzionale, non ultimo il settore delle energie rinnovabili che ha trasformato molte aziende agricole in agroindustrie. Oggi l’agricoltura è meno impattante nel territorio dal punto di vista dei fitofarmaci necessari alla coltivazione e dell’utilizzo dell’acqua irrigua, (agricoltura 4.0) , genera prodotti di qualità organolettica eccellente e l’Italia è protagonista in questo ambito con 297 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc e Docg, 5155 prodotti tradizionali regionali censiti lungo la Penisola, nonché la leadership europea nel biologico con oltre 60mila aziende agricole bio. L’Italia è anche leader nella biodiversità. Sul territorio nazionale ci sono 504 varietà iscritte al registro viti contro le 278 dei cugini francesi e 533 varietà di olive contro le 70 spagnole.
Non sono tutte rose perché il Belpaese, analizzando i dati macro, ha ancora una bilancia commerciale agroalimentare deficitaria (41,8 miliardi di euro nel 2018 di export, 44,7 miliardi di euro di import e per il comparto prettamente agricolo il divario è ancor più marcato con un disavanzo del 50%. Questo è dovuto al fatto che in agricoltura si sta ancora lavorando per creare maggior valore aggiunto sui prodotti di base, è però necessario molto tempo perché si passi da essere produttori di commodity (senza avere le economie di scala e le superfici arabili necessarie per competere a livello globale) a produttori di prodotti ad alto valore aggiunto, salubri, certificati, sostenibili, qualitativamente eccellenti in tutti i comparti (ortofrutta, allevamenti, colture cerealicole, viticoltura , agro energia etc). I dati sono in costante miglioramento e le prospettive lo sono ancora di più. Tutto ciò lo si deve soprattutto a nuovo “capitale umano” che vede nell’ agricoltura una prospettiva di lavoro stabile, gratificante anche se molto impegnativo. Dopo un lungo periodo a crescita zero, già nel corso 2012-2017 il settore agricolo ha registrato un incremento del 4% degli operai e del 6% delle giornate lavorate, tendenza confermate anche nelle previsioni future. Fra gli altri settori economici performance migliori erano state registrate solo dal turismo. E allora con entusiasmo confido in una nuova stagione che possa portare nuovi frutti e abbondati raccolti: del resto, questo, è proprio il compito della agricoltura..
Padovano di nascita, ma friulano di adozione, dopo essersi laureato alla Bocconi in economia aziendale ha lavorato tra USA, Germania e Austria. Dal 1998 amministratore della azienda agricola “Principi di Porcia e Brugnera”. Presidente delle Strade del Vino e sapori Pordenonesi e vice presidente Cooperativa Il Noceto. Ex-Vice Presidente delle Latterie Friulane Cooperativa e ex Presidente dell’ ANGA Pordenone. E’ consigliere dell’ Unione Agricoltori di Pordenone e del consorzio doc Friuli Grave.