“L’elefante va fatto a fette”. Era l’espressione tipica e salomonica con cui il mio grande capo soleva liquidarmi, ogni volta che mi presentavo al suo cospetto con un problema, a mio avviso troppo grosso, su cui non sapevo neppure dove cominciare e per cui chiedevo un consulto.
L’eredità più grossa che la pandemia ci ha lasciato e con cui dovremo imparare a convivere per anni, oltre alle conseguenze di carattere sociale e sanitario, almeno a livello economico si chiama debito pubblico: un elefante ingombrante e di dimensioni massicce che graverà sui bilanci economici di tutti i governi internazionali per anni.
Prima o poi una politica consapevole e coraggiosa dovrà tenerne conto e metterci mano. Appunto. Ma non penso che sarà una operazione di breve termine. Siamo ancora troppo alle prese con gli effetti economici della pandemia: la politica fiscale in primis e la politica monetaria (parzialmente) hanno svolto un ruolo chiave nel promuovere il rimbalzo del sistema economico e limitare i danni derivanti dalla perdita di domanda.
Rispetto agli errori della crisi finanziaria globale del 2008 abbiamo fatto passi da gigante, allora ci affidammo alla sola politica monetaria, questa volta, i governi dei mercati più sviluppati hanno rapidamente risposto con misure di sostegno per i privati (sotto forma di versamenti diretti) e per le aziende (sotto forma di garanzie creditizie e prestiti diretti), mentre l’economia globale crollava pesantemente.
In sintesi, già grande parte delle risorse dei bilanci pubblici sono state utilizzate per ridurre la probabilità di danni economici permanenti e per salvaguardare i posti di lavoro. E ulteriori misure verranno annunciate per fronteggiare eventuali nuove ondate di pandemia (almeno fino a che la campagna vaccinale darà risultati definitivi).
L’austerità tanto proclamata nel passato nella crisi del 2008 da organismi quali il Fondo Monetario Internazionale, oggi è assolutamente bandita: l’FMI ha anzi raccomandato di incentivare i consumi collettivi e rafforzare i programmi d’investimento per sostenere la ripresa con un frenetico ricorso alla spesa pubblica. Il rapporto debito pubblico/PIL dei paesi sviluppati ha raggiunto livelli che si erano toccati solo durante la seconda guerra mondiale.
Ma non c’è tempo ora di fermarsi: l’elevato debito pubblico sarà uno dei fattori macroeconomici principali che influirà sull’evoluzione dell’economia globale e sul ciclo politico dei prossimi anni. Forse decenni.
Se (nel caso) mio figlio tra qualche anno verrà a chiedermi suggerimenti su come abbassarlo, saprò già come rispondergli.