Le imprese familiari non godono nella letteratura economica di buona fama. In un lavoro molto conosciuto e citato in letteratura due noti economisti, Bloom e Van Reenen, ad esempio affermano che: “… family ownership of firms, restricting management practices, and informational barriers allow bad management to persist.” Per questi economisti, la proprietà familiare è una barriera all’adozione di best practice manageriali.
Ma è corretto affermare che le imprese familiari in generale e le PMI familiari in particolare sono meno competitive ed un freno allo sviluppo? La questione non è solamente accademica, ma ha una rilevanza empirica particolarmente significativa per l’economia italiana dove una larga quota di imprese medio-piccole è tuttora a proprietà familiare. Se la proprietà familiare costituisse un ostacolo all’innovazione manageriale allora questa sarebbe una cattiva notizia per l’economia italiana, già messa a dura prova dalla pandemia in corso. In realtà, in uno studio recente condotto con altri colleghi sull’export delle PMI europee familiari (The myth of the stay-at-home family firm: How family-managed SMEs can overcome their internationalization limitations, JF Hennart, A Majocchi, E Forlani, Journal of International Business Studies, 2019, 758-782) abbiamo dimostrato come l’aggregato delle imprese familiari di piccola e media dimensione sia molto eterogeneo: con imprese molto competitive accanto a imprese che sono invece effettivamente meno dinamiche. Ma quali sono le PMI familiari più competitive sulla scena internazionale? Il lavoro dimostra che il profilo delle imprese familiari che hanno più successo è quello delle imprese che seguono strategie “globali di nicchia”. Queste imprese si presentano sui mercati internazionali facendo leva sui punti di forza delle imprese familiari: tradizione, alta qualità dei prodotti e dei servizi, relazioni stabili con fornitori e clienti, focalizzazione su fasce di mercato molto specifiche ma ampie in termini geografici. Lo studio mostra che le PMI che puntano su queste strategie hanno livelli di performance sui mercati esteri simili a quelli delle imprese con differenti assetti proprietari e che questo è vero, non solo in Italia, ma in tutti i principali paesi europei. Le PMI familiari hanno quindi chance sui mercati internazionali, ma per avere successo devono seguire strategie adatte alle loro caratteristiche: è questa la sfida che le Pmi italiane dovranno affrontare negli anni post-pandemia.
Professore ordinario e titolare della Deloitte Chair in International Management and Global Challenges presso l’Università Luiss – Guido Carli di Roma. Precedentemente è stato Direttore di Dipartimento all’Università di Pavia e ha insegnato e svolto attività di ricerca o di visting professor presso l’Università di Strasburgo, il King’s College di Londra, Velencia, l’università di Friburgo e la Northesatern University di Boston.
I suoi temi di ricerca si concentrano sul tema dell’internazionalizzazione delle imprese e delle determinati della competitività internazionale delle imprese. I suoi ultimi lavori si sono concentrati sul tema dell’internazionalizzazione delle imprese familiari.