Troppo spesso quando si parla di continente Africano, la mente identifica questa terra con le immagini legate all’immigrazione; l’Africa non è solo questo, è una terra complessa, abitata da 1,5 miliardi di persone divise in 54 nazioni. Solo una profonda conoscenza degli usi e delle tradizioni di questi popoli possono aiutare a comprendere l’Africa.
Certamente il passato coloniale, dove le grandi nazioni europee per diversi anni hanno esteso il loro dominio, ha fortemente inciso sul futuro di questo giovane continente, dove più del 50% della popolazione ha meno di 30 anni; finito il dominio coloniale, governi corrotti ne hanno frenato lo sviluppo, con politiche basate su interessi personali, generando spesso anche tensioni tali da sfociare in sanguinose guerre civili; oggi è la Cina il maggiore partner strategico del continente africano, che ne ha alimentato lo sviluppo per alcune nazioni con incrementi del PIL spesso vicino al 10% annuo; una politica spesso ambigua, ha portato a definire il gigante asiatico, come il “nuovo colonizzatore”, colui che ha esteso la propria influenza a colpi di dollari prestati e non di colpi di fucile.
Oggi l’Africa può costituire anche una grossa opportunità per le nostre imprese, anche se la concorrenza è molto forte; non di certo da soli abbiamo la forza di competere con la Cina, ma basandoci sulle nostre innate capacità e sulla qualità dei nostri prodotti potremmo avere delle soddisfazioni. Occorre però, fermo restando che dietro di noi non ci sarà mai la forza economica della Cina o l’appoggio politico della Turchia, che gli imprenditori italiani ritrovino lo spirito pionieristico dei primi coloni che si sono recati in Africa a fine 800 e la visione connessa al rischio che li ha animati nell’immediato dopoguerra e che ha portato l’Italia ad essere una potenza industriale dopo 20 anni.
Dobbiamo ricordare, per quanto ancora oggi sia difficile parlarne per il periodo storico nel quale ciò avvenne, che anche l’Italia ha avuto il suo passato coloniale, risoltosi con la nostra sconfitta nella seconda guerra mondiale. Etiopia, Eritrea, Somalia, facenti parte del Corno d’Africa, e Libia sono state il nostro passato coloniale. Stiamo parlando oggi di un mercato di circa 150 milioni di persone; esiste una fattore che le accomuna tutte: il desiderio di avere relazioni con il nostro Paese.
Quali opportunità si possono allora cogliere? Certamente il comparto delle costruzioni, delle infrastrutture e dell’energia sono i settori con i maggiori investimenti da parte dei Governi, che per sostenerli hanno fortemente aumentato il proprio debito estero. Ma la grande opportunità è offerta dal mercato interno e dal nuovo trattato da poco sottoscritto di libera circolazioni delle merci: produrre un bene in Africa, significa (i singoli paesi stanno recependo la norma e si stanno scrivendo i regolamenti attuativi) poterlo esportare liberamente senza dazi all’interno di un mercato di 1,5 miliardi di persone; inoltre con un costo del lavoro molto basso (l’Etiopia è attualmente il paese con il più basso costo del lavoro al mondo), la produzione di beni in questi paesi diventa molto conveniente, se pur la specializzazione della manodopera è ancora molto bassa. Ma nel Corno d’Africa potrà essere l’agricoltura e i prodotti derivati il vero futuro; oggi l’agricoltura è ancora gestita in modo primordiale: non è raro vedere campi di grandi dimensioni lavorati con il bue e l’aratro; pertanto la profittabilità e l’efficienza dell’agricoltura è spesso a livelli di puro sostentamento; l’introduzione di una media meccanizzazione, lo sviluppo di una industria collegata ai prodotti agricoli, l’implementazione della catena del freddo possono costituire una grande opportunità per il nostro paese che vanta una grande tradizione nel settore, anche a livello di piccole medie imprese, essendo ormai quelle di maggiori dimensioni in mano a multinazionali straniere, con eccezione di Barilla e Ferrero.
In Libia l’approccio può essere più commerciale; l’Italia con l’Eni ha una forte presenza nel paese, presenza che non è mai venuta meno neanche in questi anni di guerra civile. Dobbiamo solo recuperare lo spazio lasciato libero e oggi in parte occupato dalle imprese turche.
Esiste comunque un fattor comune per raggiungere il successo su questi mercati: l’Imprenditore Italiano deve ripartire con la sua valigia ricca di proposte e prodotti, sfruttare le occasioni e cogliere al volo le opportunità.
Si laurea in Ingegneria Meccanica presso l’Università di Genova nel 1986
Per 30 anni svolge la propria attività di imprenditore nel settore delle costruzioni in acciaio.
Nel 2010 iniziano i suoi “viaggi di lavoro” in Africa, culminati con prima dell’esplosione della pandemia con una presenza pressoché mensile in loco.
La passione per il Continente lo porta a sviluppare la attuale propria attività di Consulente Tecnico-Commerciale per le Aziende Italiane interessate ad approcciare il corno d’Africa e solo recentemente la Libia, e di supporto alle Imprese Africane che aspirano a proporsi sui rispettivi mercati interni come pure sui mercati internazionali.