Quando mi domandano quale sia il core business della mia azienda, di fronte alla risposta “Welfare aziendale” le persone si suddividono in tre categorie, in base alle parole o alle espressioni che appaiono sui loro volti. Il primo nucleo di persone è caratterizzato da “gli esperti”.
Sono coloro che conoscono il Welfare, i vantaggi che porta alle aziende, e non solo.
Sono persone attente, informate ed aggiornate, con le quali spesso e volentieri si riescono a creare momenti di scambio e di confronto. Sono quelli che ne hanno capito il significato a 360° e che ne condividono i valori, e non soltanto la praticità o la sua convenienza economica.
Il secondo gruppo è composto da “coloro che non ne hanno la minima idea” e questa categoria, per quanto inizialmente mi faccia sorridere, è la più semplice su cui lavorare.
Rappresentano un terreno su cui si deve ancora piantare il primo seme, e di conseguenza mi dà modo di raccontare il concetto di “welfare aziendale”, che non è solo una parola in inglese che ormai fa parte del nostro vocabolario, ma è una vera e propria forza, un valore che può essere condiviso, uno strumento che gioca a favore della realtà in cui si opera sotto diversi aspetti.
Poi ci sono quelli che mi smorzano l’entusiasmo, che mi tirano una coltellata nello stomaco e mi rispondono “Ah sì, le Gift Cards!”. No, il Welfare non sono solo le Gift Cards!
Questo gruppo è forse il più complesso in quanto, nelle persone che lo costituiscono, si sia consolidata un’idea che, per scarsa conoscenza, non distrugge, ma sicuramente limita le opportunità legate a questo mondo. Il Welfare è un universo ampio, che si rispecchia nelle nostre vite ed in quelle delle altre realtà con cui decidiamo di rapportarci e di interagire, e che si discosta di gran lunga, a mio avviso, dal mero concetto di Gift Card.
Il Welfare è molto più di un buono benzina, di una carta per fare la spesa al supermercato, o di un codice che ti permette di acquistare l’ultima versione di ferro da stiro su Amazon. Si, si traduce anche in questo, ma penso sia doveroso metterne in risalto i valori e non soltanto la sua praticità.
Il Welfare quando vive e quando si muove nelle nostre vite, non opera soltanto a favore dei collaboratori o delle aziende, ma ha un impatto notevole sul territorio su cui agisce, sulle strade, sulle piazze, sulle attività e sugli angoli nascosti su cui ha modo di esistere. Si concretizza nella cartoleria all’angolo ed in tutte quelle realtà che abitano il nostro quartiere e che incontriamo mentre torniamo a casa, perché è territoriale, e di conseguenza sostenibile, perché agisce con forza e con risultato su tutti quei piccoli mondi che con la pandemia hanno vissuto sulla propria pelle il rischio di non esistere più. Il welfare è sociale, è solidale, è comunitario: incentiva, motiva, sostiene ed aiuta concretamente il proprio territorio, e non soltanto le grandi aziende di fast fashion o i colossi del mondo online. Il welfare significa creare dinamismo e dare vita ed opportunità a coloro che ci circondano, significa aiutare la cartoleria del quartiere, andando lì, attraverso una piattaforma, ad acquistare i libri scolastici per i propri figli, dando così un’opportunità, ricreando rapporti e valore sul nostro territorio.
Questo per me è il vero Welfare, non quello che si limita nella definizione di fringe che rimane intrappolato in uno schema freddo e ristretto, ma quello flexible, quello territoriale, vivo, che si muove nelle nostre strade e che rende il concetto di scambio e valorizzazione i suoi capisaldi.
Gianluca Caffaratti è un imprenditore genovese con un background manageriale all’interno delle risorse umane di grandi multinazionali. Nel 2017 fonda Happily, Società Benefit, che si occupa di sviluppare Piani di Welfare Aziendale e progetti di Benessere Organizzativo, di cui è proprietario ed amministratore delegato. Da sempre attento ai temi della sostenibilità e attivo sul territorio, ad oggi è il neoeletto presidente dell’associazione AIDP Liguria e scrittore del libro “La Favola del lavoro”.