Debelleremo il Covid a livello internazionale, ma gli strascichi e le cicatrici che ci lascerà, rimarranno visibili per lunghi anni e comporteranno un aumento dei divari sociali già esistenti tra economie avanzate e resto del mondo. Questo in estrema sintesi le conclusioni a cui perviene il FMI nel suo ultimo rapporto della scorsa settimana. Ma andiamo con ordine con qualche numero.
La variante Delta sta “azzoppando la ripresa” e impedisce ancora un “ritorno alla normalità”, causando anche una marginale correzione delle previsioni di crescita del Pil globale per il 2021 (dal 6,0% stimato a luglio, al 5,9% di ora), mentre resta confermata la stima del +4,9% per il 2022. La ripresa globale continuerà ad essere guidata dagli USA (+6% a fine anno, rispetto al precedente +7%, per i timori inflazionistici) e dalla Cina (+8% stabile). L’Eurozona migliora più del previsto, trainata non tanto dalla Germania (in calo a un “modesto” +3,1%, ma dalla Francia (+6,3%) e (rullo di tamburi…) dall’Italia (+5,8%). Bene anche il Regno Unito (+ 6,8%) e l’India tra i paesi emergenti (+9,5%).
E questo è quello che dicono “le stime numeriche”. “Le stime d’impatto sociale” sono però più preoccupanti di qualsiasi scostamento numerico al ribasso. Perché se le economie più sviluppate potranno sperare (in termini di PIL) in un ritorno ai livelli pre-Covid nel 2022 e superarli di slancio già nel 2024, nei Paesi emergenti (e peggio in quelli a basso reddito) nel 2024 il loro PIL sarà più basso dal -5,5% fino al -7,0% delle stime annunciate in tempi pre-Covid. La differenza sostanziale tra questi due mondi dipende dall’accesso alle politiche di vaccinazione di massa della popolazione: nelle economie sviluppate (in media) il 60% è stato già vaccinato, nei Paesi più poveri questa media si inabissa al 5%, con tutti i costi sanitari e sociali che una pandemia, ancora nel vivo, comporta.
La fiammata inflattiva sulle materie prime e sui prezzi in generale comporterà soprattutto nei Paesi a basso reddito, un disordinato rialzo delle derrate alimentari, con un esponenziale rischio di disordini sociali e con tutte le ripercussioni di carattere immigratorio che potrebbero derivarne. L’Fmi stima che circa 65-75 milioni di persone in più entreranno in condizioni di estrema povertà già nel 2021 (una popolazione numericamente superiore a quella italiana, per intenderci).
Conviene allora (a tutti) che i Paesi più ricchi possano diffondere il più possibile i vaccini a livello globale; comprando massicce dosi da distribuire nelle economie più povere. Parafrasando un vecchio slogan in voga qualche tempo fa, è forse davvero ora di “vaccinarli a casa loro”: in fondo, questi Paesi non stanno chiedendo di meglio.