L’anno che verrà non è quello della marmotta
Lord Nelson Morgan, Hope, 2020. Cortesia dell'artista

“L’anno vecchio è finito, ormai, ma qualcosa ancora qui non va” (cit. Dalla).

Già.. Abbiano salutato il 2021 pieni di aspettative per il 2022 e invece a confrontare le prime pagine dei giornali dei rispettivi anni, sembrerebbe di essere nella stessa identica situazione. Come nel celebre film “Il giorno della marmotta”, la vita sembrerebbe essersi fossilizzata nella sua noiosa e spaventosa routine.

Ma sarebbe di certo una lettura particolarmente ingenerosa del 2021. Perché in questo anno di transizione sono successi eventi epocali.

Il primo è che il 50% della popolazione mondiale si è vaccinata (a scanso di equivoci, buona parte di quel 50% ancora non vaccinato non l’ha fatto per ideologie proprie, ma per impossibilità) confermando che il mondo corre ancora a due velocità (sanitarie) diverse. Tuttavia, l’efficacia dei nuovi vaccini e i progressi farmacologici in atto farebbero ben sperare per un sensibile avvicinamento già nel corso dell’anno. E se il Covid-19 presto o tardi diverrà endemico (ce lo auguriamo tutti), gli effetti che questa pandemia ha scatenato a livello globale rimarranno forse il miglior esempio di cooperazione mondiale della nostra storia.

La globalizzazione tanto avversata dai nazionalisti romantici è stata finora la migliore soluzione alla pandemia e ci ha confermato che da soli non si va da nessuna parte: solo cooperando, sia in campo medico, biologico, economico, tecnologico e sociale si può sopravvivere.

Lo sviluppo della tecnologia è stato proprio un altro fattore determinante: abbiamo scoperto che si può lavorare anche da casa e che la efficienza non è per forza sinonimo di presenza.

Anche dal punto di vista economico abbiamo assistito a una crescita insperata e inesplorata da decenni: i consumi sono ripartiti, le aziende abbondano di liquidità, il livello occupazionale si mantiene stabile e non in collasso come molti sostenevano. Semmai la pandemia ha fatto esplodere nel 2021 il fenomeno della generazione Yolo (You only live once) e la consapevolezza che la vita non si può ridurre a lavorare e basta.

Certo, la crescita economica ha lasciato anche delle scorie, riassumibile nella impennata inflazionistica, ma dopo un decennio in cui le banche centrali hanno cercato di far salire a tutti i costi l’inflazione, oggi la necessità di ridurla appare un accetabile contrappasso.

Non c’è ancora dato sapere se val la pena “d’esser contento, di essere qui in questo momento” (cit.), ma di certo il 2021 ci ha portato una “grande trasformazione”, da cui potremo uscirne tutti e insieme più forti. “E questa è la novità” (cit.)

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