Per chi suona la campanella
Marco Cingolani, Simulare il disordine presume una completa disciplina, 2015 Courtesy: Galleria Gaburro, Verona, Milano

Sta per suonare la campanella di un anno assurdo e un po’ come si faceva a scuola, nelle ultime ore delle lezioni finali, tra il vociare generale della classe esausta e i richiami ormai affievoliti di qualche professore, provo a fare il resoconto (economico) di quanto accaduto.  Parto da una constatazione (ma lo scrivo piccolo piccolo e lo dico sottovoce): gli ultimi 2 mesi di questo balordo 2022 portano un po’ più di speranze per il prossimo anno.  Negli ultimi mesi abbiamo scalato picchi di tensioni geopolitiche, picchi di inflazione e picchi dei tassi di interesse. Bene. Ora, dopo così tanta salita, concediamoci la gioia della vista dalla vetta e auguriamoci di poter tornare, prima o poi e in sicurezza, a valle.

A livello internazionale il contesto politico sembra un po’ più rassicurante: gli USA hanno avvertito una lieve scossa nelle elezioni di Mid Term, ma non di certo il terremoto da molti paventato. La Cina sta sperimentando nuove forme di ascolto da parte del Governo, che (finalmente) accoglie l‘esasperazione della popolazione per le restrizioni Covid. Persino nella nostra casa europea, si sta trovando (con molta fatica) un accordo sul prezzo dei fattori energetici.

A livello macro-economico, le economie rallentano, ma non si schiantano e l’ipotesi dell’atterraggio “morbido” della inflazione prende sempre più campo. Un dato ci viene in aiuto: nell’ultima recessione globale (2008) erano 6.000 le aziende americane che fallivano ogni mese, oggi, a parità di tassi di interesse, il numero si ferma a 2.000. Un bel divario, in effetti. In Europa la produzione industriale cala, ma l’occupazione e gli utili aziendali rimangono robusti.

A livello di mercati finanziari, quelli azionari vorrebbero lasciare le zone gelate del “mercato orso” e su quelli obbligazionari splende finalmente il sole dopo un anno di buio assoluto.

Ma il rischio valanghe è sempre dietro l’angolo ed è ancora una volta rappresentato principalmente dal fattore geopolitico: siamo pur sempre in alta montagna e basterebbe un refolo di vento per cambiare radicalmente la situazione. Un grosso cirro minaccioso dal nome esotico di Taiwan ci fa ancora trattenere il respiro, come pure, la situazione in Ucraina potrebbe degenerare in un attimo con l’uso di armi non convenzionali.

Non vorremmo neppure pensarci, eppure il 2022 ci ha insegnato che “l’assurdo” può ancora (raramente) accadere. Ma rimaniamo positivi e vediamo allora cosa ci sta lasciando questo anno. Personalmente, vedo due cose.

In primis, la imprevedibilità del nostro agire umano: la guerra fra Russia ed Ucraina ha sconquassato il nostro concetto di diritto internazionale e ha stravolto qualsiasi aspettativa di crescita economica. E così abbiamo riscoperto parole desuete come inflazione, stagflazione e recessione. E ne avremmo fatto anche a meno.

In secundis, in un mondo che si riaffacciava timidamente al “new normal”, abbiamo anche compreso che il desiderio di riprenderci la vita, di spendere, di viaggiare, di consumare sia stato e rimarrà più forte di qualsiasi livello di inflazione. E limiterà gli effetti di una probabile recessione. Ripartiamo allora da qui, consapevoli che avremo ancora qualche giornata di faticoso e impegnativo cammino, prima di raggiungere il fondo valle. Ma anche agli studenti danno sempre dei compiti per le vacanze, un attimo prima della campanella di fine anno…

 

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