È arrivato (finalmente) il momento di salutare questo balordo 2022, che ricorderemo nei libri di storia molto complesso dal punto di vista sociale, politico ed economico.
Un anno che cominciava già traballante per l’onda lunga della pandemia, ed è stato da subito offeso dallo scoppio della guerra in Ucraina, con tutte le relative conseguenze sull’economia e sulle catene di approvvigionamento globali, che hanno determinato livelli di inflazione ormai dimenticati nei decenni e livelli dei tassi che hanno sfiorato i massimi storici.
Così i mercati finanziari sono andati a picco, e con essi pure l’emotività di ogni investitore (dai piccoli risparmiatori ai grandi veterani del mercato).
Le continue significative sorprese al rialzo della dinamica dei prezzi hanno portato a livelli di inflazione non toccati dagli anni ‘70-‘80. Le banche centrali sono tornate ad essere i veri protagonisti della scena internazionale, sfidandosi a singolar tenzone in una pericolosa, quanto tardiva sfida all’ultimo rialzo dei tassi. Ha vinto la Fed, ’di corto muso’ (cit.) sulla BCE.
E stato un anno in cui abbiamo imparato a nostre spese la differenza tra inflazione da domanda (come quella americana) che ha pagato tutti gli eccessi di stimoli fiscali del 2021, da quella da offerta (come quella europea), che si è scatenata per miopi scelte passate sull’approvvigionamento energetico e ha catapultato di colpo il vecchio continente alla “canna del gas”. Purtroppo non in senso metaforico.
Poco distante nel Regno Unito abbiamo visto gli effetti della Brexit che si fa sentire sulla stabilità del paese e in Cina quelli di un regime totalitario, dove l’intransigenza nella politica di ‘tolleranza zero’ verso il Covid ha impedito il raggiungimento degli obiettivi di crescita. Salvo poi fare un dietrofront clamoroso, ma tardivo, nel finale di anno.
Usciamo dunque tutti piuttosto contusi e confusi da questo folle e sventurato anno e la domanda che tutti ci poniamo è allora cosa aspettarsi dal 2023.
Le previsioni sono sempre difficili, soprattutto dopo un anno così catastrofico, tuttavia, penso che dovremo con serenità accettare un futuro di recessione economica, che potrebbe non essere per forza spaventosa come quella del 2008.
Il raffreddamento dei consumi, a seguito dell’incremento tassi è un effetto che sapremo accettare, soprattutto se non dovesse impattare troppo sui nostri stili di vita. L’obiettivo di riportare l’inflazione al 2% nei prossimi 2 o 3 anni è una valida motivazione per evitarci nel futuro altre e nuove “montagne russe”.
Già… la Russia. Dalle future scelte politiche di questo territorio, dipenderanno, principalmente, le possibilità di anticipare o posticipare il nostro recupero economico.