Oh my Gold! (2 di 2)
Immagine: Imi Knoebel- Fishing Red I A. 2009. Courtesy: Dep Art Gallery, Milano

Veloce riassunto dalla puntata precedente: la valutazione dell’oro è ai massimi storici e si è visto come ogni volta che l’uomo tenda a temere gli effetti di una crisi economica, o peggio, una perdita di valore dei soldi che ha in tasca, si rifugi in qualcosa di fisico che resista alla volatilità dei mercati.

Questo ha spiegato il rally del metallo giallo cominciato nell’era Covid e proseguito con la guerra ucraina. Ma la performance dell’ultimo biennio, (apparentemente senza una causa scatenante) è ancora più sbalorditiva.

Contestualizziamo un attimo: non sta crescendo solo l’oro, ma anche gli altri metalli preziosi, come pure i metalli industriali (su tutti argento, rame, zinco e ottone). La spiegazione è semplice: l’argento è fortemente utilizzato per la transizione green (celle solari e batterie elettriche), il rame e gli altri metalli, (ahimè), in conseguenza delle guerre in atto: ogni singolo proiettile è rivestito di ottone, una lega di ramo e zinco. Tornando all’oro, la sua crescita non è dovuta solo ad opportunità di diversificazione, ma anche per l’impulso di un gruppo di Paesi che vorrebbero ridurre e/o sostituire il dollaro come valuta internazionale di riferimento (de-dollarizzazione). Originariamente erano i soli Paesi BRICS interessati (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), ai quali si sono aggiunti, di recente, altri 6 Paesi emergenti (Iran e Arabia su tutti).

Alla luce dei prezzi raggiunti dall’oro, la domanda retail è stata la prima a subirne gli effetti: in gioielleria ad esempio (tradizionale fonte di metà della domanda aurifera) i consumi sono da un anno in netto calo.

Ma poi, a fine estate, c’è stato un “coup de théâtre”: la Banca Centrale Cinese ha smesso di trainare il mercato dell’oro, complice anche la forte ripresa dei listini nazionali, tornati ad essere una opportunità di investimento e in reazione agli stimoli appena varati dal Governo locale.

Ma quello che è successo da inizio anno è davvero storico: più di 30 volte è stato aggiornato il nuovo prezzo massimo, una frequenza di “nuovi record” che era stata superata solo due volte dal 1971 ad oggi, ovvero, dalla sospensione degli accordi di Bretton Wood con la fine della convertibilità del dollaro in oro. Siamo molto vicini al record del 2011 (dove erano state 38 le sedute di nuovi record), ma lontani dal 1979, quando invece era successo per ben 54 volte e con un rialzo complessivo del 126%.

A dir la verità, da settembre 1978 a febbraio 1980 le quotazioni dell’oro si sono quasi quadruplicate, salvo poi crollare a marzo 1980. Anche quello era un periodo difficile, segnato dal secondo shock petrolifero degli anni 70 e da tassi d’inflazione a doppia cifra percentuale,(persino negli Stati Uniti), oltre che da gravi tensioni geopolitiche (rivoluzione iraniana e l’invasione sovietica in Afghanistan).

Il rally dell’oro nel 2024 (circa il +30%) è paragonabile al rialzo avvenuto nel 2010 (+29%), quando iniziavano a emergere i primi segnali della crisi del debito nell’Eurozona e a quello del 2007 (+32%), anno che ha preceduto la grande crisi finanziaria e la recessione globale.

Dunque e tornando alla chiusura di due settimane fa: “l’oro adora le brutte notizie”?

Questa volta non è per forza detto: l’oro tende a muoversi inversamente ai tassi di interesse reali e tassi di interesse più bassi, come stanno definendo le banche centrali, non da ultimo la nostra BCE, dovrebbe aiutare l’oro. Insomma, sembrerebbe che questa volta sul metallo giallo non sia ancora arrivata la fase della razionalità.

E allora cediamo agli entusiasmi, purchè consapevoli del motto che “non è tutto oro ciò che luccica”.

CONDIVIDI

WhatsApp
Facebook
Twitter
LinkedIn
Email

LEGGI GLI ALTRI
articOLI