Mario Draghi non ci gira attorno, anche perché la lezione del Covid è ancora di fronte ai nostri occhi: “Sulla base dell’esperienza dei mesi scorsi dobbiamo aprire un confronto a tutto campo sulla riforma della nostra sanità. Il punto centrale è rafforzare e ridisegnare la sanità territoriale”. Se la trincea degli ospedali in qualche modo ha tenuto è quella al di fuori che non ha retto all’onda d’urto, per questo per il nuovo premier, la “casa” dei pazienti deve diventare il “principale luogo di cura”. Una rivoluzione oggi possibile grazie alla “telemedicina” e all’”assistenza domiciliare integrata”.
C’è molta attesa sugli effetti che porterà il Recovery Plan, il piano italiano di rilancio del Paese che sarà finanziato con i fondi europei e che prevede progetti complessivi per oltre 200 miliardi di euro. Un focus all’interno di questo piano è dedicato alla «salute» cui sono dedicati interventi per quasi 20 miliardi di euro. Diverse sono le componenti che riguardano questo ambito e mirano a migliorare la sanità italiana sfruttando l’impiego delle nuove tecnologie. Si tratta di un’opportunità che in altri Paesi ha già trovato terreno fertile e che sta già mostrando i primi frutti.
In questo senso, la prima delle tante componenti previste dal piano italiano riguarda l’«Assistenza di prossimità telemedicina». «È finalizzata a potenziare e riorientare il SSN verso un modello incentrato sui territori e sulle reti di assistenza socio-sanitaria; a superare la frammentazione e il divario strutturale tra i diversi sistemi sanitari regionali garantendo omogeneità nell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza – “LEA”; a potenziare la prevenzione e l’assistenza territoriale, migliorando la capacità di integrare servizi ospedalieri, servizi sanitari locali e servizi sociali.
La seconda componente, «Innovazione dell’assistenza sanitaria» «è finalizzata a promuovere la diffusione di strumenti e attività di telemedicina, a rafforzare i sistemi informativi sanitari e gli strumenti digitali a tutti i livelli del SSN, a partire dalla diffusione ancora limitata e disomogenea della cartella clinica elettronica. Rilevanti investimenti sono quindi destinati all’ammodernamento delle apparecchiature e a realizzare ospedali sicuri, tecnologici, digitali e sostenibili, anche al fine di diffondere strumenti e attività di telemedicina».
Il Covid ha evidenziato lacune e ritardi nella digitalizzazione e nella carenza sul territorio del nostro sistema sanitario. La nostra idea imprenditoriale (D-Heart) vuole potenziare proprio l’assistenza territoriale, è perfetto per la sanità di prossimità e si sposa bene con il progetto di aiutare gli operatori sanitari preposti alla gestione di cronici e fragili nella quotidianità: medici di famiglia, farmacie e infermieri del territorio per eseguire la diagnostica di base così da decongestionare le strutture ospedaliere e migliorare il monitoraggio sul territorio di fragili e cronici.
In quest’ottica ci sono stati segnali positivi dal governo che ha stanziato tramite decreto 235.834.000,00 Euro per potenziare l’ambulatorio del medico di famiglia con l’acquisto di apparecchiature diagnostiche di primo livello, per la telemedicina nei piccoli centri urbani come strumento per incentivare le visite specialistiche a distanza (ad esempio telecardiologia nelle farmacie rurali). Infine, con la legge di Bilancio è stata introdotta a pieno titolo nel sistema sanitario nazionale la telemedicina intesa come telemonitoraggio, televisita e teleconsulto quindi si apre l’opportunità di seguire a distanza pazienti cronici e fragili che sono rimasti isolati durante il Covid anche tramite i livelli essenziali di assistenza del SSN. Da ultimo il Recovery Plan, con i suoi 20 miliardi di euro per la sanità, rappresenta per l’Italia un’occasione da non perdere per salire sul treno del medtech e accelerare la trasformazione digitale verso un modello connesso di sanità, orientato al territorio e alla continuità di cura tramite soluzioni di Telemedicina e Homecare. Farmacie, medici di base, case della salute e centri analisi piccoli ma distribuiti capillarmente sul territorio possono essere tutti perni di questo nuovo ecosistema. La crisi (quella pandemica ed economica) può davvero trasformarsi in un’opportunità unica e accelerare la transizione digitale delle aziende. In cuor mio mi auguro che in questo nuovo scenario le istituzioni, la politica, il mondo delle imprese e degli investitori possano trasformare l’Italia (e perché no, anche la Liguria) in un terreno fertile per le startup, consentendone una crescita sia in termini di fatturato che di forza lavoro.
Nicolò Briante è con Niccolò Maurizi fondatore della start up D-Heart® : primo elettrocardiografo made in Italy per smartphone e tablet, facile da usare, clinicamente affidabile. Permette a chiunque di realizzare un ECG di livello ospedaliero in totale autonomia, in qualsiasi momento e ovunque si trovi. L’azienda genovese è stata fondata nel 2015 mentre entrambi i fondatori erano ancora studenti dell’Almo Collegio Borromeo di Pavia. Maurizi è un giovane medico ricercatore in cardiologia. Quando aveva sedici anni, fu colpito da un infarto miocardico. Decise di diventare medico e trasformare il suo problema in un’opportunità. Grazie all’aiuto e alla competenza “del suo vicino di stanza” Briante, creò D-Heart. Il motto dell’azienda è: “Move data not people”». Oggi D-Heart® è disponibile in più di 32 paesi di 4 continenti nello sviluppo di campagne di screening cardiovascolare accessibili e orientate all’utente grazie all’utilizzo di tecnologia smartphone.