Il fattore “Knockback” nel mercato dell’arte 2023 e altre amenità (2 di 2)
Rocco Borella, Guard Rail, 1972. Courtesy: Matteo Bellenghi Modern&Contemporary Art, Milano e Alassio

Breve sintesi dalla puntata precedente: si è scritto e ribadito che il 2023 è stato per il mercato dell’arte un anno difficile.

Fatturati in calo in tutti i maggiori segmenti, crollo dei prezzi medi dei lotti, tassi di unsold in crescita e (di conseguenza) anche la classifica dei primi 5 top dell’anno ha palesato una significativa contrazione sul 2022.

Si sono analizzate le cause di questo ridimensionamento e nella presentazione tenuta nella Greenhouse di Deloitte, si è anche cercato di capire le correlazioni tra mercato dell’arte, mercato finanziario e situazione geopolitica in essere. E così si è compreso che questo raffreddamento degli entusiasmi nella domanda globale di collectibles deriva da un ritardo intrinseco del mercato dell’arte, che comunque rimane (e sempre rimarrà) meno reattivo a cambiamenti esogeni repentini, che invece vengono subito recepiti negli altri mercati regolamentati.

Una delle due parole utilizzate per descrivere l’anno è stata “Knockback” (rinculo, contraccolpo), proprio per rimarcare il confronto con il pirotecnico 2022: –18% di contrazione del fatturato sull’anno precedente, con un -26,2% dell’arte figurativa e un –5,4% degli altri passion assets. Una forte contrazione, ovviamente, ma la situazione non è così drammatica come i numeri indicherebbero.

Perché non vanno dimenticati alcuni elementi non ricorrenti che avevano favorito la performance eccezionale del 2022, tra cui, su tutti, le sensazionali vendite delle diverse “single owner collection”. Se togliessimo questi risultati (straordinari in tutti i sensi), il fatturato complessivo sarebbe sostanzialmente stabile (-3,0%).

Ma ci sono state altre notizie a mitigare la crudeltà dei numeri: in primis è proseguita la ricerca di opere di qualità, come pure la scelta di inserire artisti nuovi ed emergenti nelle grandi collezioni (anche museali) rispetto agli artisti più storicizzati; e da qui la scelta del termine “ricerca” per identificare la seconda parola chiave dell’anno.

E’ proseguito anche l’interesse mostrato dalle nuove generazioni: le major internazionali hanno registrato tra il 30% e il 50% di nuovi acquirenti, di cui un terzo appartenenti alle generazioni dei Millennial e dei Gen Z.

La pandemia ha lasciato tra i tanti effetti anche una nuova classe di super ricchi divenuti tali con lo sviluppo dell’economia digitale e che oggi rappresenta per il mercato dell’arte un nuovo potenziale target da attrarre, fidelizzare e coccolare. Questi soggetti hanno però un gusto estetico diverso rispetto al collezionismo maggiormente spendente degli ultimi decenni (orientato soprattutto all’arte moderna e contemporanea), e questo spiega la sempre più diffusa attenzione per i Passion Assets (borse, sneaker, orologi, vini…), meno impegnativi da un punto di vista economico e più funzionali in tema di rappresentatività sociale.

E così le case d’asta si trovano ad ampliare l’offerta di collectibles ed affinare nuove modalità di vendita, consolidando la presenza internazionale per incentivare nuovi acquirenti ed incuriosire i più giovani.

Austin, Aspen e Palm Beach si sono aggiunti agli hub storici del collezionismo internazionale, mentre le sedi di Hong Kong e Milano sono state rafforzate nel 2023 da alcune delle 3 maggiori case d’asta internazionali.

E parlando in termini geografici, va ribadita la posizione dominante di New York nel mercato dell’arte internazionale, essendo la piazza in cui le major hanno presentato i cataloghi più prestigiosi, seppur moltissime aggiudicazioni sono state battute, nell’anno, vicino alle stime basse.

La piazza di Hong Kong ha risentito anche della crisi immobiliare cinese e delle nuove limitazioni sull’utilizzo dei capitali da parte del governo Popolare, mentre in Asia continua la crescita della piazza indiana, fortemente favorita da una classe dirigente giovane, internazionale e da una economia locale molto dinamica.  Guardando alla nostra vecchia Europa, Londra continua a perdere mercato a favore di Parigi ( ahi ahi la Brexit…) , mentre l’Italia cerca di sopravvivere, studiando come copiare qualche iniziativa di successo già adottata oltralpe (In Francia l’IVA su opere d’arte è già al 5,5%).  Cosa aspettarsi per il futuro?

Il contesto internazionale rimane estremamente complesso e nonostante i miglioramenti a livello macro-economico che hanno fatto rimbalzare i mercati finanziari nel 2023, sul mercato dell’arte mantengo un giudizio di forte cautela.

Le mie maggiori perplessità riguardano l’impatto che la prosecuzione della guerra in Medioriente potrebbe avere sia sul mondo del collezionismo ebreo e sia (toccando tutto il ferro a disposizione) su eventuali conseguenze terroristiche: nel 2001 gli attentati alle Torri impattarono pesantemente l’industria del lusso, (di cui l’arte può essere in qualche modo assimilata) per le conseguenze sulla mobilità internazionale. Bisogna augurarsi che questo conflitto finisca al più presto o, alla peggio, che rimanga circoscritto a livello regionale e non travalichi in aspetti ideologici.

Inoltre, rimane limitata la visibilità sulla reale situazione economica cinese che ha già fortemente impattato la ricca classe di top spenders locali, che si sono trovati di colpo regole più stringenti sulle esportazioni di capitali.

Ma Il vero rischio del 2024 può tuttavia essere di carattere politico: assisteremo (in parte è già avvenuto) al rinnovo dei governi in ben 76 Paesi, di cui 8 sono tra i 10 Paesi più popolosi al mondo e sono dunque legittime le preoccupazioni per un anno che potrebbe stravolgere ancora di più i già fragili equilibri geopolitici internazionali. Dall’esito delle urne potrebbero venire fuori nuovi scenari ad oggi inattesi.

E questa situazione di incertezza potrebbe estendersi anche al mercato dell’arte, con una eventuale reticenza a vendere da parte dei collezionisti in possesso delle opere più pregiate, che magari aspetteranno momenti di maggior visibilità, ritardando così il punto di rimbalzo del mercato e costringendolo, se va bene, ad un più prudente movimento laterale.

Nel mondo della finanza una situazione del genere viene definita “wait and see”.

Che ci piaccia o no, anche per il mercato dell’arte ci tocca aspettare un po’ di mesi per constatare se ci avevamo visto giusto…

 

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