Carlo Casarico-Macro o Micro influencer, purchè se ne parli
Amministratore Delegato GGallery

I fatti: da qualche anno gli investimenti pubblicitari globali sono maggiori sul digitale rispetto ai vecchi media (tv, stampa e radio). Il trend è in costante crescita, e da qui non si torna più indietro. Il motivo è semplice e non è da ricondurre agli strascichi della pandemia: il marketing digitale è maggiormente performante, misurabile, verticale e confidenziale. E tra i vari filoni innovativi di comunicazione utilizzati, uno sta diventando maggiormente interessante per le aziende: il mondo degli influencer. Diamo qualche numero: si stima che il ritorno di una campagna di influencer marketing strutturata correttamente sia in grado di fruttare circa quattro volte l’investimento fatto. Più del 60% dei consumatori si informa tramite creator, blogger o driver di acquisto prima di comprare un prodotto in un negozio, sia esso fisico o online. C’è di più: ricerche e sondaggi hanno fatto emergere come 1 italiano su 3, nella fascia di età compresa tra i 18 e i 54 anni, decida di compiere un acquisto perché espressamente consigliato dall’influencer di riferimento. Tale preferenza è dettata da diverse “necessità” che i content creator sanno intercettare: ricevere consigli di acquisto, ascoltare gli “esperti in materia” o trovare modelli di riferimento in cui identificarsi. I settori che maggiormente sfruttano questo tipo di marketing sono quello del beauty, del make up, della tecnologia e del food; tuttavia è possibile applicarlo a moltissime attività B2C e, con le scelte giuste, B2B. Ed è proprio l’individuazione dei testimonial adeguati e corretti per il nostro target a sancire il successo o il fallimento di una campagna. In questo contesto è necessario specificare una distinzione fondamentale tra macro e micro influencer. Uno degli errori più grandi che si possano commettere quando ci si approccia a questo tipo di marketing è quello di pensare solo ai grossi driver di acquisto (Chiara Ferragni in testa). Infatti i macro influencer sono molto simili ai “testimonial” della pubblicità tradizionale: parliamo quindi di personaggi pubblici con un grandissimo seguito (milioni di follower) ma un pubblico di riferimento estremamente variegato. Questa tipologia di influencer è molto utile se l’obiettivo è il semplice e puro branding e notorietà del marchio, perde tuttavia di efficacia quando il nostro fine è una “conversione” ben definita da utente a cliente. Impostazione totalmente diversa arriva dai micro influencer. Precisiamo che la distinzione non va fatta soltanto sui numeri, ma anche e soprattutto sulla verticalità delle tematiche trattate. Quali sono dunque le caratteristiche fondamentali di questi nuovi “modelli”? Parlare ad una nicchia di pubblico ben specifica e targettizzata, ottenere un altissimo livello di affidabilità e avere un rapporto diretto con la propria community, composta da fan reali e già “autoprofilati”. Queste tre caratteristiche sono la vera forza dell’influencer marketing: è infatti molto più utile per un’azienda rivolgersi ad un “ambasciatore” con follower già in target preciso con il business che si va a sviluppare, piuttosto che “ingaggiare” testimonial con numeri molto elevati ma poco o nulla accomunati da un reale interesse comune. L’individuazione del creator corretto è però solo il primo passo di un processo che può decretare il successo o il fallimento di una campagna. Se da un lato è giusto voler controllare tutto ciò che viene pubblicato, dall’altro è opportuno concedere una certa dose di fiducia all’influencer in quanto miglior conoscitore dei gusti del proprio pubblico: solo il giusto mix tra controllo e creatività è in grado di restituire una campagna di successo. Inoltre è fondamentale conoscere le piattaforme su cui i creator si muovono e i relativi linguaggi. Per l’influencer marketing sono principalmente 2: Instagram e TikTok. La prima offre un linguaggio più tradizionale e patinato, parzialmente artefatto e già ben conosciuto dagli utenti della piattaforma. La seconda sta crescendo con una velocità mai vista prima per una piattaforma social, è caratterizzata da video veloci e maggiormente spontanei, con un coinvolgimento del pubblico eccezionale. Uno degli errori da evitare quando si parla dei succitati social è quello di pensare che si trattino di “giochi da ragazzi”: nulla di più sbagliato! Sono infatti sempre di più gli adulti che approdano su Instagram e TikTok, sia da utenti passivi che da utenti attivi. Date tali premesse, una delle ulteriori e principali motivazioni per cui le aziende decidono di affidarsi sempre di più all’influencer marketing per farsi conoscere è l’altissima misurabilità delle campagne effettuate. Infatti non soltanto è possibile conoscere precisamente il numero di contatti raggiunti, ma anche e soprattutto la quantità di interazioni e conversioni generate. Tramite il matching degli strumenti del marketing digitale con quelli dell’influencer marketing possiamo anche sapere quanti acquisti effettuati derivano dal singolo influencer, potendo quindi effettuare nel tempo campagne sempre più precise e mirate con i testimonial giusti per noi.

Le aziende, dunque, si trovano a dover affrontare una nuova sfida: comprendere quali siano gli influencer più vicini al loro target di pubblico è soltanto il primo step, successivamente è necessario formulare e strutturare un rapporto incentrato su risposte credibili e sincere, dove i contenuti siano basati su reale fiducia, interesse e valore.

 

Esperto di comunicazione e marketing digitale. E’ amministratore delegato di GGallery SRL e di CFactor, agenzia di talent management e influencer marketing

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