Federico Vasoli-Il Vietnam e il suo boom economico come opportunità per le nostre imprese
Avvocato, specializzato in diritto societario

Chi tra i dodici lettori di questo mio breve scritto è stato in Vietnam o ne ha viste immagini recenti delle principali città, sarà rimasto senza dubbio colpito dal traffico caotico, composto soprattutto da orde di motorini che sovente sfrecciano contromano e sui marciapiedi.

Milioni di persone tutti i giorni trasportano altre persone, oggetti e animali incessantemente da un angolo all’altro del paese, convinte che domani staranno meglio di oggi. In questo caos, fu facile per me, all’epoca, 2007, ironizzare sulla legge che avrebbe reso il casco obbligatorio dal 2008. Ebbene, il 1 gennaio seguente praticamente tutti indossavano il casco, magari non conforme agli standard europei, ma comunque una protezione c’era ed era stata attuata con rigore e rapidità.

Qualche anno dopo, un paese la cui economia era quasi esclusivamente basata sul contante, passò al mondo fintech in un batter d’occhio. I bonifici eseguiti online sono pressoché immediati e i punti accumulati – un po’ come le miglia aeree – possono essere convertiti in corse, consegne e acquisti presso i partner affiliati gratuiti o scontati.

In tutto questo, nonostante dazi, tasse speciali e noti problemi di logistica post pandemia e nonostante il reddito pro capite si attesti attorno ai 4.000,00 USD (dato da depurare, poiché solo il 36% della giovane popolazione di quasi cento milioni di vietnamiti vive in città), la domanda di prodotti di lusso, dal marmo di Carrara alle Bentley, dai grandi vini e alle cucine iper tecnologiche, non conosce flessione.

Dati noti, ma che giova ripetere: il Vietnam dal 1997, dopo tre guerre d’Indocina di cui una d’indipendenza e una civile in soli quarant’anni, cresce ogni anno a ritmi simili a quelli dell’ingombrante vicino cinese e nel 2022 ha registrato un aumento record, il maggiore in Asia, pari all’8,02%.

Inoltre, il Paese ha importato beni e servizi per poco più di 360 miliardi di dollari e ne ha esportati per oltre 381 (l’interscambio commerciale con l’Italia si assesta sui 6 miliardi), diventando così il maggior trader dell’area ASEAN dopo Singapore e prima della Thailandia. Ancorché vi siano talvolta alcuni sommovimenti interni al partito comunista che tangono anche il settore privato, il paese è alquanto stabile, non solo sul piano politico-governativo, ma anche su quello sociale: al netto delle differenze regionali facilmente riscontrabili nell’accento e nella cucina (in questi aspetti e in tanti altri il Vietnam è una specie di Italia del sud est asiatico) e di sperequazioni economiche peraltro non esagerate, non si registrano tensioni sociali, religiose, etniche. I giovani, che magari hanno vissuto la povertà, ma non la miseria, studiano e lavorano, desiderosi di mantenere e migliorare il proprio status. Il COVID è stato gestito in maniera quasi impeccabile: nel 2020, memori della SARS, i vietnamiti hanno chiuso i confini ben prima di altri e nel 2021, dopo qualche tentennamento, hanno vaccinato, anche grazie all’aiuto dei Paesi dell’UE e degli USA, il grosso della popolazione con AstraZeneca, Pfizer e Moderna.

Innumerevoli imprese hanno ampliato o spostato tout-court la propria base produttiva dalla Cina al Vietnam, in considerazione di molteplici fattori: diversificazione delle fonti produttive, appartenenza all’ASEAN, accordi di libero scambio con economie vicine e lontane, costi e qualità della manodopera, posizione geografica strategica, prossimità ai popolosi e relativamente giovani mercati di sbocco nella regione.

Nel solo 2022 sono entrati quasi 28 miliardi di dollari di investimenti diretti esteri, un dato simile a quello del 2020, con Singapore, Corea del Sud, Giappone, Cina e Hong Kong ai primi posti per territori di provenienza.

Se il Vietnam è un Paese eminentemente manifatturiero, da qualche anno la quota di servizi sul PIL ha superato il settore secondario.

Quanto all’interscambio, gli USA primeggiano come primo partner importatore. Ancora più interessanti sono i principali prodotti dell’export vietnamita: non solo calzature e abbigliamento (al quinto e quarto posto, rispettivamente), ma anche e soprattutto macchinari e componenti (quasi 42 miliardi di dollari di export), computer e accessori (oltre 50 miliardi), smartphone e accessori (quasi 55 miliardi).

Il Vietnam non è più solamente un Paese esportatore di prodotti semplici e altamente labour-intensive, ma anche di oggetti con un contenuto tecnologico piuttosto elevato, sul quale i giganti del settore hanno puntato con convinzione. Un’inflazione che appare sotto controllo attorno al 5%, aiuta.

A questo quadro del tutto positivo, con previsioni di crescita sostenuta anche per il 2023, va aggiunta l’enucleazione delle principali criticità che un Paese non ancora pienamente sviluppato come questo si trova ad affrontare e che impattano anche sugli investitori stranieri.

A mio personale giudizio, memore dei fattori che scoraggiano gli investimenti stranieri nella mia Italia, pongo l’incertezza del diritto e del funzionamento dei tribunali civili al primo posto. Il Vietnam è un paese di Civil Law, con un codice civile di derivazione napoleonica, che ha fatto straordinari passi avanti nell’adeguare il proprio ordinamento alle sfide contemporanee. Le significative riforme del diritto societario varate nel 2020 vanno in questa direzione. Ma non basta: permangono lacune e contraddizioni, e soprattutto, il sistema è imbevuto di norme non scritte che hanno a che fare con i complessi meccanismi gerarchici, familiari e familistici, che compongono l’ossatura della società e del modo di condurre gli affari in questo Paese. Va ricordato che il vietnamita è di fatto una lingua che si parla in… terza persona, per cui i pronomi personali variano al variare del rapporto di età e di gerarchia politica e famigliare (donna più giovane legge articolo di uomo più anziano; donna più giovane sposata con uomo più anziano diventa suo parigrado rispetto ai di lui fratelli più piccoli, ancorché anagraficamente più grandi di lei). Resistono al tempo le tradizioni, al limite della superstizione, per cui non è così infrequente attendere il giorno fortunato prima di concludere un affare, o consultare l’oroscopo della controparte prima di lanciarsi in una joint-venture, o ancora pagare i debiti prima del capodanno lunare. Il capitalismo è eminentemente di relazione e “i loro” vengono “prima”. Il riconoscimento di atti e titoli stranieri è arduo e le corti sono di un formalismo estremo, per cui la triste pratica di condurre affari anche importati con messaggini, senza contratti ben redatti, tradotti, semplici da comprendere da parte dell’interprete giudice, rende vano qualunque tentativo di soddisfacimento giudiziale delle proprie pur fondate e legittime pretese.

Vi sono poi sfide intrinseche a un Paese che ha comprensibilmente dato la priorità alla crescita economica rispetto a tutto il resto: inquinamento, sicurezza alimentare, sicurezza ambientale, tutela dei diritti dei lavoratori, sanità pubblica, qualità delle costruzioni e delle infrastrutture, per citare solo le principali, senza contare il difficile ma inevitabile rapporto con la Cina.

In tutto questo l’Italia potrebbe fare molto: possiamo fornire al Vietnam soluzioni ecosostenibili in cui siamo campioni, vendere macchinari, prodotti per il settore petrolchimico, arredamento a elevato contenuto tecnologico, e poi espandere la produzione anche in Vietnam significa non solo presidiare un’economia in pieno boom, ma anche servire più da vicino la clientela di tutta la regione, realizzare sul posto le linee non necessariamente di alta gamma ed evitare che la concorrenza prenda il sopravvento anche alle latitudini nostre. E torniamo ai motorini con cui abbiamo esordito. VinFast, car-maker locale nato solo pochi anni fa dal gigante VinGroup, ha già sviluppato il proprio scooter, non così dissimile dalla Vespa. Piaggio presidia da quindici anni il mercato locale e regionale con, tra l’altro, un intelligente posizionamento del proprio brand nel segmento elevato. Ma, così come le case degli italiani sono ora piene di elettrodomestici giapponesi, coreani e anche cinesi di qualità, non è potenzialmente lontano il momento in cui, per inazione dei nostri, i produttori vietnamiti scalzeranno anche quelli italiani.

Il 2023 segna il cinquantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Italia e Vietnam. Se tali relazioni sono eccellenti da anni, non altrettanto si può dire degli investimenti italiani in Vietnam. L’auspicio è che business e cultura marcino di pari passo con politica e diplomazia, con slancio.

 

Avvocato, opera in molteplici ordinamenti e culture. Managing partner dello studio di consulenza legale e tributaria dMTV Global, con uffici a Singapore, Malta e Vietnam, dopo avere lavorato in studi legali a Pechino, Bruxelles, Barcellona e Milano. È stato socio dello studio legale de Masi Taddei Vasoli, di Milano. Da oltre vent’anni assiste i propri clienti principalmente su contratti nazionali e internazionali e diritto societario, investimenti diretti esteri, asset protection, immigrazione, trust, questioni fiscali internazionali, in una molteplicità di settori. Ha fornito assistenza legale in numerosi casi inerenti i rapporti d’affari tra Europa e Asia e oltre 200 progetti blockchain, principalmente a Singapore e Malta, e più recentemente ad Antigua e Barbuda e in altri ordinamenti caraibici. L’essere stato esposto alle culture e ai mercati europei e asiatici già in giovane età, e a fianco di grandi maestri del diritto, come gli avvocati Daniel Vedovatto a Bruxelles nel 2004, Carles Moner a Barcellona nel 2011 e Gianfranco Negri-Clementi a Milano, gli ha permesso di sviluppare la capacità di lavorare su casi multi-ordinamento e di forgiare una mentalità orientata al risultato. È stato vicepresidente dell’Associazione Giovani Avvocati di Milano (AGAM), riveste svariate posizioni in consigli direttivi, anche di organizzazioni no-profit, ed è general counsel indipendente di nextAI Ltd e general counsel e managing partner Singapore e Asia-Pacific di Spektral USA LLC, entrambi spin-off di Harvard Medical School e MIT Sloan Alumni. E’ relatore al MIP – Politecnico di Milano, alla National Economic University di Hanoi e mentore di studenti MBA all’Università Cattolica di Milano e autore di pubblicazioni giuridiche e di business. È socio di Finance Malta, della Malta Chamber of Commerce, del Malta Business Network, della Camera di Commercio Italia-Vietnam (CCIV), dell’Italian Chamber of Commerce in Vietnam (Icham), della Vietnam Private Business Association, della Singapore Business Association in Vietnam, della Italian Chamber of Commerce in Singapore (ICCS) e di EuroCham in Vietnam e a Singapore. Ha fatto parte della delegazione del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria al G20 Young Entrepreneurs’ Alliance. Laureato all’Università Bocconi di Milano, ha frequentato corsi post-laurea all’Università di Vienna, all’ISPI di Milano, all’Università di Strasburgo, all’ESADE di Barcellona, all’IFSP di Malta e all’Università di Edimburgo

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