Una recessione sospesa tra Drogo e Godot
Pino Deodato, Vede lontano, 2020. Courtesy: Dep Art Gallery, Milano

Si chiude anche questo 2023, un anno che ha contraddetto molte “Cassandre” che prefiguravano scenari economici apocalittici, ma anche qualche regola finanziaria che ritenevamo, fino ad oggi, incontrovertibile.

La recessione più annunciata, twittata, romanzata della storia non si è poi presentata e noi ad aspettarla come un vecchio tenente Drogo (per i più romantici) o come un moderno Godot (per chi ricerca almeno il lato umoristico).

Eppure, riaprendo i libri ormai ingialliti dell’università i presupposti per una recessione mondiale c’erano tutti: una stretta monetaria di magnitudo senza precedenti, una curva tassi invertita, crisi bancarie varie, nuovi conflitti geopolitici e vecchie guerre non ancora risolte e ogni volta il fiato sospeso sulle decisioni dei banchieri centrali, manco fossero divi di Hollywood.

Il rialzo dei tassi o la tenuta dello spread sono diventati argomenti di comune conversazione pure tra sportivi in erba, casalinghe annoiate, stagionati rentier e influencers in rampa di lancio.

Higher for longer è Il mantra da ripetere in maniera ossessiva e che conferirà anche “più carisma e sintomatico mistero” (cit.) nel trittico terribile che ci attende dei prossimi cenoni: vigilia, Natale, capodanno. Qualcuno lo userà magari anche a sproposito, ma il concetto di fondo è che l’obiettivo di riportare l’inflazione verso il target del 2% (o del “2 virgola” come ammesso da qualche banchiere) sarà perseguito sia in Europa sia negli Stati Uniti e per questo i tassi dovranno rimanere più alti per più tempo. Bene, tutto chiaro. Ma a tanta severità negli enunciati è corrisposta anche e spesso qualche inedita apertura sul futuro taglio dei tassi, come quello annunciata dalla FED proprio qualche ora fa. È bastato questo per infiammare le borse al di là dell’oceano. Che poi è lo stesso Presidente che solo quattro mesi prima e con toni visibilmente affranti affermava che “c’è ancora molta strada da fare per riportare l’inflazione al 2%”, trovando subito una sponda altrettanto afflitta nella sua omologa europea che dichiarava “siamo lontano da una vittoria sull’inflazione”. Sappiamo poi come è finita: dell’atterraggio brusco della economia (c.d. hard landing) manco l’ombra e gli operatori di mercato hanno sconfessato, nei fatti, gli enunciati cupi dei banchieri centrali con performance convincenti.

Per carità, ci sono sempre degli accadimenti pronti a “confermare o ribaltare la situazione” e in effetti la guerra israeliana avrebbe (o potrebbe) scatenare ancora una corsa inflattiva, (se si allargasse ai paesi arabi), ma al netto di questa situazione, sembra che da qui a fine anno si voglia solo pensare positivo. Rimane però un contesto economico molto complicato ed inedito e molte domande irrisolte.

L’ambiente geopolitico resta instabile e l’economia internazionale fragile? Sì, però dell’Ucraina non se ne parla più, e chissà… Magari non stanno più combattendo… (amo l’ironia).

L’aumento dei tassi ha avuto un impatto sulla dinamica del debito pubblico? Sì, ma non pensiamoci ora. Anche le agenzie di rating, graziando l’Italia hanno dato (a mio avviso) un segnale: non conviene far valere l’algoritmo. Meglio usare il buonsenso in questi tempi da post Covid, dove tutti i Paesi si trovano con un debito pubblico esploso.

La banca centrale europea dovrà sgonfiare con il “Quantitative Tightening” un bilancio elefantiaco? Si, ma in qualche modo troveremo una soluzione per non danneggiare le economie più fragili.

Il riscaldamento globale e la perdita della biodiversità sono problemi impellenti? Sì, ma abbiamo scoperto che la transizione energetica ha oggi un costo insostenibile per un sistema già stressato dall’inflazione. Ci impegneremo, ma nel tempo.

Insomma, non assilliamoci troppo in questo ultimo scorcio di (ennesimo) anno emotivamente impegnativo.

Il 2024 sarà anche un anno elettorale pieno di insidie in cui la tentazione populista sarà probabilmente cassa di risonanza per molti dei problemi appena esposti.

Ma, personalmente, preferisco mantenere un moderato ottimismo: a meno di nuovi ed imprevedibili sconvolgimenti geopolitici, il sistema economico troverà ancora una volta soluzioni a questo contesto del tutto inedito.

“Il mercato finanziario deve crescere o si estingue”, amava ripetermi un mio vecchio capo.

Non ho mai messo in dubbio le sue parole, come pure non mi sono mai posto il dubbio se fosse più paradossale l’attesa del tenente Drogo o quella di Godot…

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