Il fattore “Knockback” nel mercato dell’arte 2023 e altre amenità (1 di 2)
Copertina Report "Il mercato dell'arte e dei beni da collezione 2024" Deloitte Private

Questa volta non scriverò di economia e neppure di finanza. O meglio, lo farò di riflesso, raccontando come è andato il mercato dell’arte e dei beni da collezione nel 2023 alla luce del contesto socioeconomico che ha caratterizzato l’anno.

Per chi mi conosce, sa che è una ricerca a cui tengo molto, di cui ho portato avanti una serie di studi e un discreto numero di pubblicazioni e che condivido da ormai sette anni con gli amici di Deloitte Private. (In realtà questa ricerca la porto avanti da molto più tempo, ma ho già raggiunto una età in cui, se posso, preferisco togliermi gli anni che aggiungermeli).

Arriverò subito al sodo: il 2023 è stato un anno difficile per il mercato dell’arte e dei beni da collezione. Fatturati complessivi in calo, contestuale riduzione dei prezzi medi dei lotti, tassi di unsold in crescita: ha prevalso un atteggiamento di maggior prudenza nella eletta categoria dei top spenders internazionali. E i numeri parlano chiaro: contrazione annua del segmento della Pittura (per intenderci, il segmento che contribuisce a poco più del 70% del fatturato complessivo delle aste) del -26,8%, mentre l’altro segmento (quello dei Passion Assets, ovvero tutte le altre forme di collezione) ha “limitato i danni” con una contrazione del -5,4% sul 2022.

E questi sono i numeri. Vediamo le ragioni e quanto ha inciso la situazione economica e geopolitica a livello internazionale.

E qui mi tocca aprire prima una parentesi. Ammetto che amo disorientare (e lo faccio anche con un certo grado di soddisfazione) gli studenti di alcuni insegnamenti in cui sono coinvolto, in cui racconto di non credere alla vulgata che vorrebbe “l’arte come bene rifugio”. Non mi dilungo con spiegazioni di carattere economico sulla scarsa rappresentatività del bene artistico come investimento che mantiene inalterato nel tempo il suo valore intrinseco, ma mi limito a sostenere che il sistema dell’arte, soprattutto nel suo segmento più importante in termini di fatturato (ovvero quello dell’arte contemporanea) è molto volatile (nel bene e nel male) e dunque speculativo.

È vero invece (e qui a mio avviso nasce la confusione) che potremmo trovarci casi abbastanza limite in cui il contesto macro-economico peggiora di colpo e il sistema arte continua a performare in maniera eccezionale.

È successo ad esempio nel 2022, ma anche nel 2008, per citare i casi più eclatanti: sistema finanziario e mercati dell’economia reale in crash con investitori disperati e mercato dell’arte sui massimi storici.  Il 15 settembre 2008 falliva Lehman Brothers e nello stesso giorno assistevamo al nuovo record per artista vivente (Damien Hirst); nel 2022 con lo scoppio della guerra ucraina, l’inflazione cominciava a galoppare e abbiamo vissuto il peggior anno finanziario di sempre per numerosità delle classi investibili negative, ma il mercato dell’arte ha segnato, invece, il suo punto di massimo splendore.

Ma allora l’arte è un bene rifugio, come qualcuno mi vorrebbe far credere?

Niente affatto, semplicemente il mercato dell’arte è poco reattivo ai repentini cambiamenti esogeni che impattano immediatamente tutti gli altri mercati. E c’è una spiegazione semplice. Qui non abbiamo un sistema telematico che determina il prezzo in maniera efficiente, ma soprattutto, nel lato dell’offerta, i lotti proposti nelle aste più importanti sono frutto della raccolta realizzata l’anno precedente e nel lato della domanda, questi lotti possono essere stati soggetti a proposte vincolanti (tecnicamente si chiamano “garanzie”), pervenute ben prima del giorno dell’asta.

Insomma, il prezzo comincia a formarsi in scenari che potrebbero essere molto diversi da quelli che uno scoppio di una guerra o di una repentina crisi finanziaria potrebbe poi determinare.

E questo spiega perché nel 2023 il mercato dell’arte è stato un anno di “knockback (contraccolpo) per richiamare la parola utilizzata nel report Deloitte. E il bello è che lo avevamo anche (pre)detto presentando il report un anno fa, usando le due parole chiave “Fireworks” e “Opacity” per descrivere il 2022 e quello che ci aspettavamo per l’anno successivo.  Anche qui mi piace allora usare una similitudine: tanto eclatante è stato il risultato del 2022 che possiamo immaginarlo come un colpo di cannone.  Ma tanto più forte è lo sparo del cannone e tanto maggiore sarà il contraccolpo appena dopo. Che poi Knockback letteralmente andrebbe tradotto con “rinculo”, (per l’appunto), ma ci sembrava poco appropriato come titolo di un comunicato stampa.

Insomma, se ne volete sapere di più di quello che è successo nel 2023 nel mercato dell’arte e scoprire l’altra parola che ha caratterizzato l’anno, potete sempre venire a scoprirlo partecipando alla presentazione che si terrà giovedì prossimo 9 maggio a Milanocloud.marcom.deloitte.it/ArtFinance09

Oppure basterà seguire la prossima puntata di Nuvole e Mercati. In cui cercherò di dare molti più dettagli qualitativi su quel che è successo e su quel che potrà essere. Sperando di azzeccare ancora le previsioni. Del resto, è tutta una questione di rinculo (o qualcosa che ci fa rima).

 

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