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Pesa più un chilo di evasione o uno di cattiva gestione?

È da sempre il mantra di ogni forza politica che si affaccia alla ribalta: sconfiggeremo la evasione fiscale! E negli ultimi anni si è cercato una spettacolarizzazione dello slogan, assumendo pose plastiche su balconi o comunicazioni in diretta streaming. La fedeltà fiscale dunque come panacea di tutti i mali: basterebbe dire basta all’economia sommersa e il nostro Paese tornerebbe leader a livello mondiale.

Ma temo che questo sia pura mitologia. La realtà infatti è un po’ più complessa. Partiamo da qualche dato (stimato dal Ministero delle finanze): la evasione fiscale peserebbe circa 110 miliardi all’anno (IRPEF, IVA, IRES, IRAP.. c’è tutto un mondo di evasione). E’ tanto? Si, tantissimo. Il nostro PIL (dato ufficiale 2019) è di 1,8 trilioni di euro circa. L’evasione fiscale annua sarebbe dunque il 6% del nostro fatturato ufficiale. (Ma altri uffici studi stimano molto di più). Di certo servirebbe un balcone grande per urlare tutto il nostro sdegno!

Un recente studio della Cgia ha tuttavia stimato anche l’impatto delle inefficienze della nostra pubblica amministrazione: disservizi che gravano sul nostro tessuto produttivo o sul semplice cittadino. Anche qui si va dai debiti commerciali con la pubblica amministrazione, alla lentezza della giustizia civile, dal deficit infrastrutture, alla corruzione (soprattutto nella sanità) o alla ricchezza detenuta in paradisi fiscali… Bene, anzi male.. l’impatto economico stimato da Cgia sarebbe di circa 200 miliardi di euro, dunque più del doppio dell’evasione fiscale. Caspita, qui più che un balcone, servirebbe un terrazzo per sfogare tutta la nostra rabbia!

E il grosso problema che la classe politica (forse) non capisce è che la somma di tutti questi sprechi di spesa pubblica non ci consente di abbassare la nostra pressione fiscale. Più tieni alte le tasse e maggiormente qualcuno cercherà di trovare soluzioni “fai da te”. Un circolo vizioso insomma. Lo capirebbe anche un bambino.

O tempora! O Mores!” Esclamava Cicerone duemila anni fa per denunciare il malaffare dei costumi di allora.

Da allora sembra che non sia cambiato molto. O forse, sarebbe bastato (allora) annunciarlo da un balcone abbastanza grande per convincere da subito e spontaneamente il popolo ad assumere comportamenti più virtuosi. Chissà..

Niente serietà siamo inglesi (semicit.)

Interrogato in parlamento sul perché la Gran Bretagna avesse ancora così numerosi casi di Covid rispetto a Italia e Germania , Boris Johnson ha replicato che questo dipendesse unicamente dalla loro mentalità più liberale rispetto a Italia e Germania, paesi che non hanno dovuto (per ora) adottare le misure restrittive londinesi. Apriti cielo! Anche il nostro (sempre mite) Presidente ha puntualizzato che anche noi amiamo la libertà, ma al tempo stesso anche la serietà e che le due cose non si escludono. E la risposta italiana è probabilmente anche piaciuta (e confermato) i mille dubbi sulla incoerenza della politica inglese degli ultimi tempi. Mi riferisco alla celeberrima saga chiamata Brexit, che più che una vicenda politica sta diventando una soap-opera. Ricapitoliamo un attimo: seppur il referendum di giugno 2016 avesse sancito la uscita inderogabile dall’Europa, la Gran Bretagna sembrerebbe ora non avere particolare fretta di assecondare il volere popolare.

Si era infatti deciso che prima di “lasciare il continente” (31 dicembre 2020), sarebbero stati concordati singoli accordi (soprattutto commerciali) bilaterali tra la Gran Bretagna e i vari Paesi della Unione Europea. Ma poi si sa, è arrivato il Covid e la Gran Bretagna si è trovata a dovere definire una nuova scala di priorità, prima tra tutte quella (purtroppo) di riconoscere per tempo che nessuna immunità di gregge avrebbe salvato l’Isola dal naufragio (sanitario). Così di colpo gli anglosassoni si sono accorti che rimanere nel Mercato Unico non è così male, purché non fossero costretti ad osservare quelle anacronistiche condizioni dettate dal “Trattato” che vieta ai singoli Stati di aiutare con sussidi statali le aziende nazionali. (ma non si era appena detto che erano liberali?). Sul temporeggiamento britannico, potrebbe aver avuto un ruolo anche il sostegno di Trump, da sempre infastidito dall’attivismo comunitario europeo e dall’agire economico disinvolto cinese. Un’Europa che perdesse via via i pezzi può averlo spinto a promettere favorevoli condizioni commerciali ai britannici, se avessero cominciato a sgretolare “il muro di Berlino”, ma sia la inaspettata reazione di forza della Commissione Europea con il suo Recovery Fund, sia il suo drastico calo nei consensi devono aver scombussolato (e di molto) i piani iniziali. Ma siamo ormai a ottobre e arrivano gli allarmi di numerosi uffici Studi: una uscita senza accordo sarà cinque volte più dannosa per la Gran Bretagna che per i Paesi Ue e sul lungo termine l’impatto sarà molto più devastante dell’epidemia di Covid-19. (Banca di Inghilterra lo stima in circa l’8% del Pil, ovvero 2.400 sterline per ogni cittadino, mentre il costo di Covid sarà dell’1,7%circa o 600 sterline per cittadino).

I latini avrebbero sintetizzato la vicenda con il detto “Sub lege libertas(solo sotto la legge c’è libertà). Ma si sa, lo studio del latino è faccenda che richiede molta serietà.