Maggio 2025

Mercato dell’arte 2024: “Wait and see” (2 di 2)

Rieccoci. Brevissimo riassunto dalla puntata precedente: il mercato dell’arte internazionale nel 2024 ha confermato le difficoltà già palesate l’anno prima, i fatturati delle maggiori case d’asta sono stati in contrazione e abbiamo assistito a un marcato passaggio generazionale all’interno dei collezionisti, che sta facendo emergere nuovi gusti, nuove tendenze e un diffuso calo dei prezzi dei lotti proposti.

Avevo definito il 2024 con una espressione tipicamente finanziaria: “wait and see”, prevedendo che sarebbe stato difficilmente un anno entusiasmante (e i numeri mi hanno dato ragione) e anche per il 2025, nonostante le due forti contrazioni del 2023 e del 2024, mi sento di ribadire lo stesso giudizio. Meglio stare alla finestra allora e non avere grosse aspettative. Provo allora a delineare le ragioni di questo scetticismo.

(Lascio però la ragione più importante per ultima). Così cresce il climax… A livello territoriale, i nuovi centri culturali asiatici (Corea, Singapore, Taiwan, Giappone) stanno promuovendo una intensa attività artistica e cresce così anche un sempre più folto gruppo di collezionisti, ma non riescono ancora a bilanciare il calo delle piazze storiche di New York e Londra. La Cina, con le sue restrizioni sui flussi di capitale, sta limitando la partecipazione dei collezionisti cinesi al mercato globale, il Medio Oriente, pur investendo massicciamente in nuovi poli culturali, non ha ancora sviluppato una classe di collezionisti sufficientemente ampia da sostenere il mercato con continuità. In Europa, la frammentazione fiscale rimane un ostacolo: con il Regno Unito ormai fuori dall’Unione, l’assenza di un sistema fiscale armonizzato sulle opere d’arte rischia di penalizzare ulteriormente le capitali europee come hub del mercato internazionale. Parigi sta mostrando una ottima vivacità, ma non avrà nemmeno nel 2025 il ruolo di polo trainante. Ci sono altre ragioni che fanno ipotizzare un 2025 di scarsa euforia: le case d’asta stanno rafforzando la propria offerta di Passion Assets, per rispondere al gusto dei nuovi collezionisti da una parte e sopperire al calo delle performance del figurativo dall’altra parte. Insomma, mancano lotti di qualità soprattutto dell’arte contemporanea da offrire sul mercato, visto il clima di sfiducia. Questo è particolarmente evidente negli USA. La nuova generazione di collezionisti UHNW, legata in gran parte all’industria tecnologica, sta imponendo gusti e modalità d’acquisto diversi rispetto al passato. Più che alle opere storicizzate, questi collezionisti guardano all’arte contemporanea, ai luxury collectibles e agli oggetti iconici appartenuti a personaggi celebri, mostrando un netto distacco dalle tendenze tradizionali. Parallelamente, il cambio generazionale sta accelerando una trasformazione più ampia: Millennials e Gen Z non solo hanno gusti differenti, ma approcciano l’arte in modo nuovo, privilegiando l’esperienza digitale, l’interazione diretta con gli artisti e il coinvolgimento attraverso i social media. Questa tendenza sta determinando una crescita nelle transazioni senza intermediazione, coadiuvata da un numero crescente di piattaforme che permettono agli artisti di vendere senza passare attraverso i circuiti tradizionali di gallerie e dealer. Ma soprattutto, determina anche una forte contrazione sulle marginalità degli operatori economici. Si parla di democratizzazione del mercato dell’arte. Bello da un lato, ma con prezzi medi in picchiata dall’altro lato.

Anche la tecnologia sta giocando un ruolo sempre più centrale nel mercato dell’arte, con l’intelligenza artificiale che emerge non soltanto come potente strumento di analisi di mercato, ma anche un nuovo medium per la produzione di opere d’arte. I principali operatori stanno infatti investendo in algoritmi predittivi per individuare tendenze, valutare il potenziale di crescita degli artisti e ottimizzare le strategie di prezzo, ma parallelamente l’AI sta anche ridisegnando il concetto stesso di creazione artistica. La predizione algoritmica rischia di scoraggiare la sperimentazione artistica, penalizzando opere innovative ma di difficile comprensione immediata. Si parla di standardizzazione del mercato dell’arte.

Ma ho volutamente lasciato per ultima la causa che a mio avviso più impatterà il 2025: “l’effetto Trump”.

Attenzione, non è un giudizio politico, ma è solo una constatazione di carattere economico: qualunque guerra commerciale internazionale impatta i mercati, siano essi di materie prime, finanziari, il mercato rionale sotto casa o il ricco mercato dell’arte. Perché qualunque mercato più che sulla quantità di denaro che riesce ad attrarre si fonda su un concetto ancora principale, che è quello della fiducia.

I primi 100 giorni di Trump hanno segnato l’avvio presidenziale peggiore di sempre sui mercati finanziari, con il dollaro in calo del 10% e una volatilità più che raddoppiata e l’oro è emerso come unico vincitore con un balzo del 26%. Quando l’oro sale in maniera così netta non è un buon segnale: durante le guerre mondiali l’oro crebbe in maniera vistosa. Mi piace allora usare una metafora per definire quello che sta succedendo sui mercati. Pensate a una molla. I dazi esercitano una forza che la accorcia. Se i dazi vengono subito tolti, la molla tornerà nella sua posizione iniziale, ma se i dazi rimangono per un periodo considerevole, la molla perderà la sua elasticità e rimarrà per lungo tempo deformata e accorciata. E questo avviene su tutti i mercati. Anche quello dell’arte. Cosa?.. Non ci credete?.. “Wait and see”… 

Alessandro Guerrini-Il mercato dell’arte di un operatore glocal: competere a livello internazionale, mantenendo forti radici domestiche

Siamo reduci da un mercato dell’arte, almeno a livello locale, che nel 2024 non ha espresso dinamiche significativamente diverse da quelle che si sono manifestate nell’ultimo triennio. I trend più evidenti, che si sono confermati anche nell’anno appena concluso, sono senz’altro rappresentati dall’ascesa del settore del luxury, sempre più trainante nei bilanci delle case d’asta, e dal consolidamento dell’antiquariato di alta fascia, sempre apprezzato da un collezionismo raffinato, disposto a spendere per pezzi di grande qualità e rarità. Nel nostro caso, lo abbiamo constatato con la vendita di una coppia di Allegorie di Elisabetta Sirani che ha sfiorato, nel mese di maggio, la soglia del mezzo milione di euro e con il successo dell’asta che, nel mese di ottobre, abbiamo dedicato ad una importante collezione lombarda. Ritengo invece che i trend che si riscontrano a livello internazionale, siano – con volumi e proporzioni naturalmente differenti, i medesimi che caratterizzano anche il mercato italiano. Alcune piazze straniere, per la maggiore entità dei valori che muovono, hanno risentito maggiormente, rispetto all’Italia, della situazione di instabilità geopolitica.

Le principali evoluzioni del mercato che prefiguro nei prossimi anni sono di carattere geografico: si affermeranno sempre più nuove “piazze” destinate a erodere quote di mercato alle capitali storiche. Come successo in passato, tali cambiamenti riflettono i cicli economici e politici dei relativi paesi. Arabia Saudita e Corea, ad esempio, acquisiranno un maggiore peso specifico nello scacchiere del mercato, riflettendo anche il potere d’acquisto di una platea alto spendente e sempre più attratta dall’oggetto raro od unico.

In relazione al profilo dei clienti è invece più difficile trovare una ricetta universale: l’offerta di una casa d’aste generalista si rivolge a target molto diversificati, in termini di sesso, età, stili di vita e capacità di spesa. Una tendenza sicuramente comune a quasi tutti i settori collezionistici è rappresentata dal progressivo abbassamento dell’età media degli acquirenti, da cui deriva la necessità, da parte degli operatori del mercato, di modificare la propria offerta per intercettare gli interessi e la domanda di questi nuovi buyer.

Proprio per questa ragione, sono convinto che sia necessario investire sempre più nella promozione internazionale e nelle piattaforme tecnologiche che consentono di mantenere una visibilità globale: nel nostro caso, ad esempio, tale strategia ci consente, già oggi, di avere una clientela di diverse fasce di età e per circa il 60% straniera.

Guardando alla nostra azienda e ai maggiori trend che si sono consolidati nel 2024, segnalo che nella prima parte dell’anno, come era peraltro atteso, abbiamo rilevato un assestamento del mercato che ha riguardato, in particolar modo, i settori collezionistici più speculativi, cresciuti in misura esponenziale nel periodo post-covid. Nel secondo semestre abbiamo invece rilevato una ripresa che ha consentito di chiudere l’anno con un risultato sostanzialmente in linea con l’anno precedente. Quasi tutti i Dipartimenti hanno messo a segno risultati di grande soddisfazione: a spuntare le aggiudicazioni più significative, nel caso specifico, sono stati il Dipartimento di Dipinti e Disegni Antichi e il Dipartimento di Arte Moderna e Contemporanea, ma anche il Dipartimento di Orologi, quello di Gioielli e quello di Arte Orientale.

Considerando la attuale situazione geopolitica e l’incertezza derivante dalla “guerra commerciale” in atto, per i player del mercato è assai complesso fare previsioni per il 2025: non è ancora chiaro quanto un nuovo sistema doganale a livello internazionale possa impattare sul mercato globale e su quello locale e quanto l’instabilità dei mercati finanziari possa raffreddare l’interesse per il mercato dell’arte nel suo complesso e, in particolar modo, per i suoi comparti più speculativi.

Il consiglio? Puntare sempre su beni di grande qualità e rarità, presupposti fondamentali per un investimento di successo destinato a dare grandi soddisfazioni.

 

 

Laurea in Economia e Gestione delle Arti e delle Attività Culturali all’Università Ca’ Foscari di Venezia, consegue – vincendo una borsa di studio – il Master in Marketing per le Imprese di Arte e Cultura presso l’Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Intraprende il suo percorso professionale in ambito museale alla Peggy Guggenheim Collection di Venezia, per orientarsi successivamente verso il mercato dell’arte, lavorando per due società di consulenza a Milano. Nel 2007 entra in Open Care – Servizi per l’Arte, di cui – dopo ruoli di crescente responsabilità – diviene Amministratore Delegato. Nel 2018 entra nel Gruppo Arterìa – Art Defender, con il ruolo di Amministratore Delegato di Art Defender e della società controllata Art Defender Insurance e Consigliere di Arterìa.

All’inizio del 2024 viene nominato Amministratore Delegato del Gruppo Finarte e assume il ruolo di Presidente di Art Defender Insurance. In ambito accademico, è membro dell’Advisory Board del Master in Gestione Innovativa dell’Arte dell’Università di Pavia e docente presso NABA – Nuova Accademia di Belle Arti di Milano. È stato professore a contratto dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, docente e lecturer in numerose università italiane. È stato membro della Commissione Art Banking dell’AIPB – Associazione Italiana Private Banking. È co-autore del volume “L’art advisory nel private banking” (a cura di M. Ragazzoni e B. Zanaboni, AIPB Editrice, Milano, 2015) e co-autore del volume “Il diritto e la fiscalità dei mercati internazionali dell’arte” (a cura di S. Stabile, Wolters Kluwer, Milano, 2024). È autore di numerosi articoli sul mercato dell’arte e sul rapporto fra arte e finanza.