LinkedIn è la principale piattaforma B2B, il Social professionale per eccellenza e uno spazio virtuale ideale per la generazione di opportunità. Ma la ragione principale che mi ha portato a scegliere di creare una serie di servizi orientati alla creazione della presenza LinkedIn ha a che fare perlopiù con le persone.
Quando parlo di persone mi riferisco soprattutto ai dipendenti delle aziende e all’importanza di coinvolgere le loro voci nella comunicazione delle aziende.
Negli anni non ho potuto che constatare un cambiamento nella gestione e nell’utilizzo di LinkedIn. Se prima il credo più condiviso dai datori di lavoro era “se i miei dipendenti sono su LinkedIn, qualcuno potrà portarmeli via”, oggi la maggior parte delle aziende inizia a rendersene conto che c’è cambiamento in atto, ma la strada è ancora lunga.
Capisco le ragioni di chi è più restio ad adottare questo approccio, ma come ripeto sempre ai clienti che si rivolgono alla mia società, se i tuoi dipendenti vogliono andarsene troveranno comunque il modo, quindi vale la pena fare qualcosa per incoraggiarli a rimanere dando contemporaneamente visibilità all’azienda.
Rispetto a quanto appena detto, credo sia necessario aprire una parentesi che riguarda le modalità con cui i dipendenti utilizzano la propria voce. Il fatto di incoraggiare i propri collaboratori a condividere contenuti e a diffondere quelli dell’azienda potrebbe scontrarsi con spiacevoli incidenti. Potrebbe infatti capitare che i dipendenti pubblichino messaggi poco coordinati con i valori dell’azienda o anche del tutto distanti; proprio per questo motivo, è necessario che le persone vengano coinvolte il più possibile nella comunicazione aziendale e che siano ben consapevoli degli obiettivi da raggiungere insieme e che li sentano propri.
La prima soluzione che potrebbe venire in mente ai più per limitare i danni è la creazione di una LinkedIn Policy rigorosa, piena di linee guida e di divieti, ma ritengo che questo non faccia che scoraggiare le persone ad esporsi su LinkedIn. La verità è che non possiamo obbligare i dipendenti a non condividere determinati contenuti, ma possiamo coinvolgerli e farli sentire parte di qualcosa.
Chiudiamo questa parentesi su un tema caldo, su cui mi interrogo molto e che credo offrirà sempre più spunti di riflessione nel futuro prossimo.
Torniamo al cambio di trend rispetto al passato per rispondere a una domanda fondamentale: quali sono i benefici di coinvolgere i dipendenti nella comunicazione aziendale e perché le grandi aziende si stanno muovendo sempre di più verso questa direzione? Credo che i benefici si possano osservare su due segmenti aziendali differenti.
Il primo riguarda indubbiamente la gestione HR: coinvolgendo le persone nella comunicazione dell’azienda si tengono con sé i talenti e se ne attirano di nuovi. Per chi lavora in un’azienda non conta più soltanto l’aspetto economico; le persone passano buona parte della settimana in ufficio e vogliono sentirsi parte di qualcosa. Sapere di essere coinvolti in un progetto e nel raggiungimento di obiettivi comuni sprona senz’altro a voler comunicare a tutti questo percepito e questo messaggio attirerà nuove risorse e nuovi talenti.
L’altro segmento ha invece a che fare con le finalità e con gli aspetti più strettamente commerciali: anche possibili nuovi clienti sono attirati più facilmente da un’azienda che può vantare un buon ambiente e un team coeso perché per l’opinione comune vale l’equazione ottimo ambiente e team affiatato uguale buon servizio. Questo è un altro punto sul quale mi soffermo sempre durante il confronto con nuovi clienti, spiego loro come una buona comunicazione dei dipendenti possa aiutare concretamente l’attività di generazione di nuove opportunità commerciali.
Anche nelle vendite è fondamentale coltivare il rapporto umano e ho constatato attraverso l’esperienza di Mallei e quella dei nostri clienti come una comunicazione più empatica che ci mostri come interlocutori autorevoli, ma affidabili e aperti al dialogo sia meglio di una di vecchio stampo in cui offriamo soltanto messaggi autoreferenziali riguardo ai nostri prodotti. Inoltre, sebbene l’utilizzo di software terzi come i bot non sia consentito da LinkedIn, è sempre più frequente ricevere messaggi automatizzati; perché un prospect dovrebbe interessarsi alle nostre proposte se il suo valore di professionista non viene minimamente considerato? È necessario mostrarsi realmente interessati al proprio interlocutore e spendere qualche minuto per studiare un messaggio ad hoc.
Un’altra “best practice” applicabile a entrambi i segmenti riguarda l’autenticità: è chiaro, e dato che è il mio pane quotidiano non potrei affermare il contrario, che il marketing serva sia ad attirare nuovi clienti, ma anche nuove risorse; mai come adesso però sento che l’aura di finzione che aleggia intorno al “fare marketing” ha stancato tutti.
I contenuti che attirano di più nuovi clienti sono le Case History che, oltre a presentare numeri e successi, parlano dei problemi reali che un’azienda riscontra nel corso delle attività. Il fatto di condividere anche gli aspetti negativi potrebbe sembrare svantaggioso, ma il rischio di compromettersi è molto più basso di quel che si crede se si offrono alle persone spunti e storie interessanti che le fanno sentire emotivamente più vicine.
Per quanto riguarda le risorse, manco a dirlo, più un contenuto offre una prospettiva autentica della vita in azienda e più renderà appetibile l’azienda agli occhi di nuove risorse in cerca di lavoro. Si parla anche di persone con ottime cariche e ruoli prestigiosi, che conoscono però l’importanza di trascorrere le ore di lavoro in maniera più rilassata e insieme a persone che sanno fare squadra.
Anche il fatto di essere contattati dal team HR può apparire ormai forzato e colgo l’occasione per riportare un breve aneddoto di qualche anno fa, quando ero Direttore Commerciale presso un’azienda e iniziavo già a percepire un cambiamento nei rapporti professionali, per quanto limitato all’ambito della mia esperienza.
I colloqui di lavoro sono vere e proprie trattative e quando ci si trova a dover ampliare la propria rete commerciale e ad assumere figure addette alla vendita questo aspetto è ancora più evidente. Perché una risorsa dovrebbe interessarsi a un’azienda che fa selezionare i talenti da un reparto apposito, che spesso è esterno all’azienda stessa e che nella maggior parte dei casi non dovrà lavorare con chi sceglie di assumere? All’epoca avevo constatato come scrivendo direttamente dal mio profilo LinkedIn o dalla mia e-mail personale, i colloqui fossero aumentati così come il livello di interesse mostrato dai candidati.
Questa opzione non sempre è sostenibile ma un’alternativa potrebbe essere quella per cui avevo optato quasi dieci anni fa, ossia affidare agli HR il mio profilo, facendo sentire le persone candidate più coinvolte e “scelte”. Possiamo definire questo tentativo ben riuscito una sorta di anticipazione del nostro servizio di Social Selling attuale con il quale cerchiamo di identificarci il più possibile con la voce del cliente.
Alla luce di quanto detto e di questo aneddoto, mi rendo conto di come in termini aziendali sia difficile definirsi realmente autentici, ma vorrei offrire quella dell’autenticità come una strada da perseguire e come un obiettivo da porsi. Questo perché è ormai indubbio che tutto ciò che fa sentire le persone vicine all’azienda e ai valori di essa porti beneficio sia all’azienda stessa che a chi ne fa parte.
In conclusione, LinkedIn non è soltanto uno strumento di comunicazione professionale, ma un’opportunità concreta per costruire relazioni autentiche e rafforzare il legame tra le persone e l’azienda. Investire nella partecipazione attiva dei collaboratori non è solo un gesto strategico, ma anche un passo verso una cultura aziendale più aperta, coinvolgente e, soprattutto, umana.
A livello di comunicazione online, notiamo come autenticità e trasparenza sono valori che ricoprono un ruolo sempre più centrale e sarà dunque decisivo il modo in cui le aziende decidono di presentarsi e comunicare la propria identità. Non si tratta solo di comunicare valori, ma di viverli e condividerli attraverso le voci di chi ne fa parte. È qui che risiede il vero potenziale di LinkedIn: non una semplice vetrina, ma bensì uno spazio di dialogo e connessione.
Che si tratti di attrarre talenti, generare nuove opportunità commerciali o semplicemente costruire un’immagine aziendale più autentica, il coinvolgimento delle persone è una scelta che ripaga sempre.
Genovese, Co-founder e Amministratore delegato di Mallei, impresa che supporta le startup e le aziende b2b nella creazione e nella gestione della rete commerciale.
Esperto di marketing, ha maturato una vasta esperienza nel mondo b2b ricoprendo in precedenza le posizioni di City Manager di Webidoo, Area Manager di Digital Company e Direttore Commerciale di Millenium Group.