Agosto 2025

Oh, i Francesi!..

Il “derby” con i nostri cugini d’oltralpe è sempre stato molto sentito, sia in campo sportivo, che culturale: la Francia storicamente è stata fondamentale per la nostra unità del Paese, ma allo stesso tempo è stato anche il Paese che ha maggiormente limitato le nostre velleità extra-territoriali. Già in un Nuvole e Mercati di un anno fa ravvisavo un “fil rouge” (spesso incandescente) che ci ha sempre legato a loro, con l’Italia che ha spesso subito lo snobismo francese e il loro sferzante modo di definirci, con quel “Ah, Les Italiens!”, che riassume la nostra imprevedibilità e capacità di cacciarci spesso nei guai, ma anche la distanza che amano prendere da noi, in quei casi. Ma, almeno a livello finanziario, sembrerebbe che, per una volta, le distanze le possiamo prendere noi da loro.

Cosa sta accadendo? La Francia sta vivendo da circa vent’anni al di sopra delle proprie possibilità (ha una bilancia commerciale stabilmente negativa), e ha finito per indebitarsi sempre di più.  Il debito di un Paese lo si può leggere da molti indicatori. Quello che spaventa è che non solo cresce a dismisura il debito pubblico francese (salito al 113% del Pil e previsto al 118% nel 2026), ma anche quello di imprese e famiglie. A differenza di Germania, Spagna e dell’Italia, che rimangono Paesi molto più virtuosi.

Di fronte a una crisi di fiducia che si insinua tra i conti pubblici d’Oltralpe, i mercati stanno sempre più ricalibrando le loro valutazioni. Lo spread tra i titoli di Stato decennali italiani (i famosi Btp) e gli omologhi francesi (OAT) era già sceso sotto i 20 punti base un anno fa, (superava gli 80 nel 2023 e aveva superato i 400 punti durante la nostra crisi del 2010).

Ora il differenziale si attesta a circa 10 punti sulle scadenze a 10 anni, mentre è già alla pari sulle scadenze a 5 anni: in parole più semplici, questo rappresenta un’inversione di tendenza silenziosa ma significativa, dove l’Italia inizia a essere percepita come più solida della Francia sul fronte della sostenibilità del debito.

L’Italia, spesso additata come anello debole dell’eurozona, paga ancora il prezzo delle passata inaffidabilità: a marzo 2025, Roma ha versato 87 miliardi di euro in interessi annui, contro i 61 della Francia, mentre in termini assoluti, il debito italiano si è attestato a 3.033 miliardi (+46 miliardi sull’anno precedente), mentre quello francese ha raggiunto i 3.346 miliardi di euro, (+185 miliardi in un anno). In altre parole: Parigi ha 314 miliardi di debito in più rispetto a Roma, mentre un anno prima c’era ancora un gap di 260 miliardi.

La decisione di questo governo di eliminare il famigerato “superbonus” (che ci è costato 200 miliardi di euro) ha permesso di ridurre il deficit di bilancio che era al 4,3% del PIL nel 2024 e che è previsto attestarsi al 2,8% nel 2025. Se questo avvenisse, sarebbe un risultato eccezionale, visto che scenderemmo sotto quel limite massimo del 3%, richiesto dalla Ue che discrimina i Paesi virtuosi da quelli eccessivamente in disavanzo.

Di contro, un mese fa il primo ministro francese Bayrou ha presentato una manovra fiscale di 44 miliardi di euro extra, definita “moment de la veritè”, contro “il pericolo mortale del debito” ed arrivando ad evocare lo spettro del debito greco.

I mercati hanno già espresso il loro verdetto: il calo dello spread e l’inversione già avvenuta sulle scadenze brevi segnalano che le nuove emissioni italiane sono meno rischiose di quelle francesi. Una tendenza che potrebbe accelerare se anche le agenzie di rating, finora caute nel riconoscere i progressi italiani e il trend peggiorativo dei francesi, dovessero aggiornare i loro giudizi.

Sarebbe un po’ paradossale e suonerebbe anche beffardo, ma rischieremmo di ascoltare scettici le notizie finanziarie dei nostri cugini ed esclamare. “Oh, i Francesi…”

Mirko Mancin- IoT Industriale: navigare nel mare dei dati per arrivare al profitto

Oggi si parla sempre più spesso di Industria 4.0 e IoT industriale, termini che evocano immagini di futuristiche fabbriche robotizzate. Ma al di là dell’immaginario hi-tech, cosa significano concretamente per le aziende? Proviamo a vederlo con semplicità e chiarezza. Secondo l’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano, nel 2024 il mercato italiano dell’IoT industriale ha superato la cifra record di 1 miliardo di euro. Non parliamo solo di sensori e cablaggi, ma di tecnologie che trasformano i dati raccolti dalle macchine in decisioni operative e strategiche immediate.

Prendiamo la manutenzione predittiva, forse l’applicazione più evidente dell’IoT industriale: grazie ai sensori installati sulle linee produttive, le macchine oggi comunicano anticipatamente la loro necessità di manutenzione, riducendo del 40% i fermi macchina imprevisti. Il risultato? Meno interruzioni, più produzione, costi più bassi e margini di profitto che crescono.

Un esempio italiano di successo è il progetto GD 4.0 realizzato da Dradura Italia, azienda leader nella lavorazione galvanica: l’implementazione di sensori intelligenti abbinati a modelli di intelligenza artificiale ha permesso di prevedere e prevenire difetti produttivi, riducendoli del 10% e aumentando drasticamente la stabilità operativa. Ciò che rende queste tecnologie straordinarie non è la loro complessità tecnica, ma la capacità di rendere tangibili i risultati finanziari. Una buona dashboard di controllo, infatti, parla la lingua di manager e CFO, mostrando chiaramente il ritorno sull’investimento, che spesso avviene in meno di un anno.

Naturalmente, non tutto è immediato. Le aziende che decidono di investire nell’IoT devono affrontare tre criticità principali. La prima riguarda l’interoperabilità: riuscire a far dialogare macchinari di diverse generazioni è essenziale, ma spesso richiede una fase iniziale di adattamento. La seconda è la cybersecurity: ogni nuovo sensore aumenta le possibilità di attacco informatico, rendendo necessaria una solida infrastruttura di sicurezza. La terza riguarda la formazione: non basta avere dati, è fondamentale che il personale sia in grado di interpretarli e utilizzarli per prendere decisioni concrete.

Adottare una strategia efficace in ambito IoT significa, innanzitutto, individuare pochi asset strategici su cui sperimentare i primi sensori. Successivamente, è importante implementare rapidamente una piattaforma di analisi dati semplice e intuitiva. Una volta ottenuti i primi risultati, è necessario scalare progressivamente il progetto, reinvestendo rapidamente i risparmi ottenuti. Infine, investire nella formazione del personale è cruciale, per trasformare tecnici e operatori in veri analisti dei dati industriali.

La tecnologia dell’IoT industriale non è più solo un’opportunità, è diventata una necessità strategica. Chi oggi resta fermo a guardare rischia non soltanto di perdere vantaggi competitivi immediati, ma anche di trovarsi in grave ritardo rispetto alle norme e alle esigenze future.

Navigare con successo nell’era digitale richiede una visione chiara e pragmatica: guardare lontano significa interpretare con sicurezza i dati a disposizione e trasformarli in profitto, lasciando da parte l’incertezza delle intuizioni. Tutti parlano oggi di intelligenza artificiale, ma senza dati organizzati con criterio e precisione, nessun sistema intelligente potrà produrre risultati realmente proficui. È proprio qui che l’IoT gioca un ruolo decisivo: creando una rete tra le cose, permettendo loro di comunicare, offre la base indispensabile su cui costruire valore tangibile e misurabile.

 

Ingegnere informatico laureato con lode presso l’Università degli Studi di Parma, ha conseguito sia la laurea triennale che quella magistrale. Ha svolto attività di ricerca presso l’Università di Parma, occupandosi di Smart Cities, Internet of Things e Cloud Computing. Professionalmente ha oltre dieci anni di esperienza nello sviluppo software e nella progettazione di soluzioni tecnologiche innovative per l’industria. Ha collaborato con importanti aziende internazionali, gestendo team tecnici con metodologie Agile e SCRUM. Attualmente CEO e co-founder di Mindmash, realtà specializzata nella trasformazione digitale delle PMI, per la progettazione e lo sviluppo di soluzioni IoT e AI orientate a generare risultati tangibili e misurabili per i clienti.