Poveri ma belli
Immagine: Josine Dupont, Energia, 2013. Cortesia dell'autore

Da sempre nel mondo ci chiamano il BelPaese, riconoscendoci un primato internazionale in termini di clima, arte, cultura, storia, cibo, gusto, fascino etc etc…

Ma da sempre gli stessi nostri ammiratori, si trasformano in feroci detrattori, descrivendoci come un popolo dedito all’arte di arrangiarsi, rumoroso, inaffidabile, senza amor di patria (salvo quando gioca la nazionale di calcio, “Elio e le storie tese” docet…) e profondamente afflitto da problemi economici irrisolti.

I Francesi hanno riassunto nell’espressione “Oh, les Italiens…” una sintesi perfetta di ammirazione e commiserazione, desiderio e distacco, ma spesso il nostro noto proverbio “chi ha i denti non ha il pane, chi ha il pane non ha i denti” ci è sembrato il miglior modo per giustificarci e guardare altrove.

E così abbiamo sempre guardato al di là delle Alpi, idealizzando mondi perfetti e ricchissimi, terre piene di opportunità per il nostro grande talento inespresso.

Soprattutto la motivazione economica è quella che ha spinto sempre più giovani (me medesimo per un periodo della mia vita) a varcare il confine per cercare soddisfazioni più in linea con le proprie aspettative e mettersi alle spalle uno scenario di ristrettezze ed involutivo.

C’è del vero, per carità, ma a giudicare dall’ultimo rapporto Eurostat sul livello di povertà in Europa, forse qualcosa, in Italia, sta cambiando.

No, non mi sto riferendo a chi ci ha promesso che avrebbe “abolito la povertà”, con l’introduzione del tanto discusso reddito di cittadinanza. Mi riferisco piuttosto alla diminuita percentuale di popolazione costretta a rinunciare a beni, servizi e attività sociali per ragioni finanziarie. In altre parole, tutti coloro che sono a rischio di povertà estrema ed esclusione sociale. A livello comunitario, questo indicatore viene chiamato deprivazione materiale e sociale” e sembrerebbe che negli ultimi sette anni in Italia si stia fortemente riducendo. O per dirla in altri termini e confrontandoci con gli altri 2 maggiori Paesi europei (Francia e Germania) da noi si sta riducendo sensibilmente, mentre da loro è in forte aumento.

Sembrerebbe che sulla sua riduzione abbia finalmente inciso più la crescita dell’economia, degli investimenti, dei redditi e dell’occupazione, che il ricorso a misure di assistenzialismo.

Raffino ulteriormente il concetto: la “severa deprivazione materiale e sociale” ovvero l’incapacità da parte di un individuo di soddisfare almeno 7 dei 13 fabbisogni «basici» indicati dall’Eurostat, nel 2015 era pari al 12,1% in Italia, contro il 5,7% della Germania, il 6,8% della Francia. Dopo 7 anni, l’Italia è scesa al 4,5%, (valore più basso di sempre), la Germania è salita al 6,1% e la Francia al 7,5%.

Cito allora le “13 situazione estreme dell’indigenza” in maniera sequenziale, ma non esaustiva: 1) non poter sostenere spese impreviste, 2) non potersi permettere una settimana di vacanza all’anno fuori casa, 3) non potersi permettere un pasto completo almeno una volta ogni due giorni, 4) non poter riscaldare l’abitazione; 5) avere ritardi nei pagamenti di mutui, affitti o finanziamenti, 6) non avere una macchina di proprietà, 7) non avere internet, 8) non potersi comprare abiti nuovi, 9) non avere almeno due paia di scarpe, 10) non avere una piccola somma settimanale per esigenze personali, 11) non poter sostituire mobili danneggiati, 12) non poter avere attività di svago a pagamento, 13) non poter incontrare familiari e/o amici una volta al mese per un momento conviviale fuori casa. Sono indicatori che possono essere contestati, ma di fatto consegnano una immagine dell’Italia in forte risalita nel contesto continentale, anche se ci rimangono eterni problemi irrisolti, come il netto divario esistente tra nord e sud, la massiva economia sommersa del Paese, ma soprattutto un livello di povertà (non di estrema indigenza come appena visto) ancora molto preoccupante: circa un italiano su 5 è ancora a rischio di povertà, (cioè con un reddito netto inferiore al 60% di quello mediano nazionale).

C’è ancora molta strada da fare, insomma. Ma un percorso virtuoso, soprattutto in alcune aree come il Nord-est e il Nord-Ovest (il cui tasso di deprivazione sociale sembrerebbe essere tra i più bassi di tutta Europa) è stato già ampiamente avviato.

Rimaniamo (per ora) con la nostra dignitosa povertà e il nostro fascino internazionale, sperando di poter raggiungere presto nuovi traguardi ancora più ricchi di bellezza. In tutti i sensi…

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