Sereno variabile sui beni da collezione- speciale mercato dell’arte 2 di 2
Si è scritto la scorsa settimana di un mercato dei beni da collezione effervescente, con fatturati tornati non solo ai livelli dell’epoca pre-COVID, ma addirittura superiori. Un mercato completamente stravolto sia dal lato della domanda, sia in quella della offerta, caratterizzato da nuove tipologie d’arte e da una nuova geografia del collezionismo. Un mercato sempre più globale dove la tecnologia ha permesso di interconnettere le piazze di Hong Kong, Londra, Parigi e New York in simultanea, favorendo così una partecipazione senza precedenti e costituendo un cambiamento epocale. Un mercato che strizza l’occhio ai nuovi top spenders, spesso figli di una nuova economia, soprattutto digitale, con l’ingresso in scena di nuovi protagonisti: i millennial. Un mercato dove le case d’aste devono necessariamente rinnovarsi, per rispondere alle esigenze tecnologiche e al gusto estetico di questi nuovi giovani compratori. Un mercato, infine, dominato dai big spenders asiatici (cinesi soprattutto), sempre più attratti dall’estetica occidentale, ma parimenti corteggiati dalle majors occidentali. Queste sviluppano sempre più partnership con gli operatori locali, per potenziare l’offerta di arte orientale in loco e favorire l’interazione con le loro istituzioni artistiche. Ma qui finiscono probabilmente le belle notizie. La domanda che molti si pongono è capire come la nuova situazione internazionale possa impattare sul mercato dei beni da collezione. Stiamo assistendo a livello mondiale alla esplosione di dinamiche inflattive, a cui le varie Banche centrali stanno cercando di tenere testa con politiche monetarie sempre più restrittive, come pure stiamo vivendo, sulla nostra pelle, rallentamenti economici che non si sono (ancora) trasformati in fasi recessive. La guerra e le conseguenze che essa genera, sia in termini diretti sul livello dei prezzi, sia in termini indiretti sul sistema di sanzioni che inibiscono il commercio internazionale, hanno già determinato una pesante correzione dei mercati dell’economia reale e soprattutto di quelli finanziari. Il mercato dell’arte, ad oggi, sembrerebbe ancora non direttamente toccato da questa dinamica così negativa. I due record registrati negli ultimi giorni (l’iconica Shot Sage Bleu Marylin di Andy Warhol venduta per $ 195 Mln e il nuovo record mondiale per una fotografia con le Violon d’Ingres di Man Ray venduta per $ 12,4 Mln) e in generale la vivacità delle ultime aste farebbero pensare a un mercato al di fuori dei cicli di storno. Guardando al passato, tuttavia, si è già assistito ad un fenomeno simile (mi riferisco alla grossa crisi del 2008) che con un ritardo di circa 1 anno si è poi trasferita anche sul mercato dei beni da collezione, causando un clamoroso sboom. Va detto che allora c’erano condizioni di partenza diverse e il mercato dei beni da collezione di allora era molto “sottile” (per usare un termine finanziario) e quindi più soggetto alla speculazione. Le condizioni macroeconomiche attuali, rispetto a quelle del 2008 non incorporano almeno al momento, una crisi di liquidità e neppure di solvibilità. Tuttavia, una considerazione generale va fatta: qualsiasi mercato, a prescindere dal bene trattato, basa il suo successo sul livello di fiducia nel futuro e sulle capacità di dinamismo dei suoi attori. Sul secondo punto gli operatori hanno dato ampie garanzie di adattamento alle mutate condizioni della domanda causa pandemia, sul primo punto invece, se le condizioni macroeconomiche dovessero ulteriormente peggiorare e intaccare il ciclo produzione-occupazione-consumo, è logico supporre che anche il mercato dell’arte non riesca a rimanerne del tutto esente. Come nelle giornate di sole, si avvistano cirri minacciosi all’orizzonte ed è opportuno avere un ombrello alla bisogna, così forse converrà scrutare con attenzione le evoluzioni nel cielo del mercato dell’arte. Consapevoli però di una grande certezza: anche nel caso di rovesci importanti, non potrà piovere per sempre. Ma questa è la storia non solo del clima, ma anche dei mercati. Qualsiasi mercato.